Bahrain: proteste anti-regime al Gp di F1
I manifestanti anti-regime del Bahrain hanno organizzato manifestazioni in tutto il Paese contro le politiche repressive del regime di Al-Khalifa, nel corso delle gare del Gran Premio di Formula Uno del 2018.
I manifestanti sono scesi in strada mercoledì sera, tenendo le foto dei militanti uccisi o incarcerati durante le proteste anti-regime nel paese dal 2011. Scontri sono scoppiati tra forze di polizia del Bahrain e manifestanti nel villaggio di al-Akr, a 32 chilometri a sud della capitale Manama, secondo quanto riportato da Press Tv. Le proteste sono scoppiate mentre il Paese del Golfo Persico ha ospitato il Gran Premio di Formula 1.
I bahrainiti affermano che l’organo di governo della Formula Uno, la Fia, doveva annullare l’evento sulla continua repressione di Manama sulle proteste e sui cattivi primati dei diritti umani. Attivisti per i diritti umani hanno criticato i governanti del Bahrain per aver ospitato la gara di Formula Uno, definendolo un tentativo fallito di ripristinare l’immagine internazionale di Manama.
Migliaia di manifestanti anti-regime hanno tenuto manifestazioni in Bahrain quasi quotidianamente da quando una rivolta popolare è iniziata nel Paese a metà febbraio 2011. Gli attivisti chiedono che il regime di Al-Khalifa rinunci al potere e consenta a un sistema giusto di rappresentare tutti i Bahrainiti.
Manama ha fatto di tutto per reprimere ogni segno di dissenso. Il 14 marzo 2011, truppe provenienti dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti sono state dispiegate per assistere il Bahrain nel suo giro di vite contro gli oppositori. Decine di persone hanno perso la vita e centinaia di altri hanno subito lesioni o sono stati arrestati durante la repressione del regime di Al-Khalifa.
Per facilitare il pugno di ferro contro le proteste, nel marzo del 2017 il parlamento del Bahrain, manovrato dalla famiglia regnante degli Al-Khalifa, ha approvato un provvedimento con cui i tribunali militari possono processare i civili senza alcuna credibile garanzia legale; in pratica l’imposizione di una legge marziale.
Questo crescendo di crimini avviene senza che media e comunità internazionale intervengano, né tantomeno condannino tanta brutalità perpetrata in un Paese che, grazie ai petrodollari, continua ad essere definito “moderato” dall’Occidente. Un’ulteriore beffa per un Popolo che continua a lottare per i propri diritti; un’ennesima ignominia di cui nessuno parla.
di Redazione