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Israele a un passo dal confronto con l’Asse della Resistenza

Il risultato dell’ultimo attacco condotto da Israele contro gli avamposti militari siriani vicino a Damasco non è esattamente quello che la leadership di Tel Aviv sperava quando decise di portare avanti quella che era, secondo la maggior parte dei conti, un’operazione sofisticata.

Durante l’attacco del 9 gennaio, l’Aeronautica israeliana ha schierato quattro caccia multiruolo stealth F-35 di ultima generazione, che hanno sparato un totale di cinque missili contro gli impianti di stoccaggio di armi e batterie antiaeree nel Qutayfeh siriano. I jet hanno sparato i missili da distanze relativamente sicure nella speranza di evitare le armi antiaeree siriane, tra cui il Pantsir-S1 e l’S-200.

Sebbene gli F-35 siano limitati dal loro elevato consumo di carburante, i piloti israeliani hanno compensato utilizzando tutti i sistemi di combattimento elettronici disponibili contro la divisione radar S-400 di stanza presso la base aerea russa di Khmeimim e le difese aeree siriane. Secondo quanto riferito, gli israeliani sono riusciti ad “accecare” temporaneamente i siriani usando un numero di stazioni radar, incluso il “tappeto largo” JY-27.

Ma nonostante questa raffica di segnali elettronici, l’S-200 siriano riuscì comunque a localizzare l’Adir apparentemente inosservabile (il nome “israeliano” per l’F-35), e sparare contro l’aereo. Le simulazioni al computer israeliane e altre manovre non hanno avuto successo nel salvataggio di uno dei caccia. Contemporaneamente, il Pantsir-S1 ha distrutto tre dei missili sparati dagli israeliani. Fonti militari siriane riferiscono che nella risposta siriana è stato impiegato anche il sistema S-400.

È difficile dire quanto fossero preparati gli israeliani per un simile risultato. Dopo tutto, questa sarebbe stata sempre un’operazione rischiosa, e non solo perché il velivolo stealth di “quinta generazione” di Israele è ora vulnerabile. Secondo alcuni resoconti dei media, un numero crescente di militari russi di stanza in Siria rimane ucciso nei raid israeliani, tanto che il presidente della Russia, Vladimir Putin, sta contemplando misure volte a dissuadere Tel Aviv dall’attaccare la Siria.

Il tempismo

Nelle scorse settimane, l’esercito siriano ha mostrato un alto grado di efficienza nella lotta contro i gruppi terroristici nelle regioni meridionali del Paese, non lontano dalle alture del Golan occupate da Israele. Gli sforzi per rompere l’assedio da Ghouta orientale da parte di gruppi come Tahrir al-Sham sono stati sventati in seguito allo spiegamento di tre divisioni dell’esercito siriano nella zona, compresi carri armati e armi pesanti. L’esercito siriano ha anche schierato squadre di osservazione mobile, che hanno consentito l’uso con successo degli aerei da combattimento Sukhoi Su-24 recentemente forniti dai russi.

Successi simili sono stati registrati nella provincia sud-occidentale di Quneitra contro Jabhat al-Nusra. Più a nord, al-Nusra è stato attaccato dall’esercito siriano e dai suoi alleati mentre si dirigevano verso la base aerea altamente strategica di Abu al-Duhur a Idlib. La combinazione di questi successi ha spinto gli israeliani a ignorare il crescente rischio e a lanciare i loro attacchi contro le installazioni militari siriane.

Obiettivi israeliani

Il grado di sostegno israeliano a gruppi come Jabhat al-Nusra è apparentemente diventato così esteso nelle parti meridionali della Siria, che i servizi segreti israeliani e le unità operative speciali vengono direttamente coinvolti in battaglie per far uscire i terroristi da situazioni difficili. Tali operazioni sono spesso accompagnate da bombardamenti israeliani contro l’esercito siriano e le postazioni di Hezbollah.

Nel Golan occupato, gli israeliani hanno già dispiegato almeno una divisione corazzata composta prevalentemente da carri armati Merkava Mk3, ma anche composta da veicoli anticarro e unità di artiglieria semoventi, mentre nei cieli della Siria meridionale, l’intelligence militare israeliana sta studiando le rotte degli aerei siriani.

La “continua” dipendenza di Israele dai gruppi terroristici e le sue manovre militari ha portato alcuni analisti a concludere che Tel Aviv sta cercando l’occasione giusta per lanciare un’offensiva di terra nel sud della Siria. Anche se gli ultimi attacchi aerei mettono in luce le migliori capacità di difesa aerea della Siria, gli attacchi suggeriscono anche che Israele non si è completamente separato dall’idea di rovesciare il governo di Damasco. Inoltre, Israele mostra la volontà di assumere operazioni sempre più rischiose, nel tentativo disperato di raggiungere il suo obiettivo strategico immediato: la rimozione del contingente militare iraniano e di Hezbollah dalla Siria, specialmente lungo la frontiera meridionale del Paese.

Le politiche adottate dalla Casa Bianca di Trump: la demolizione dell’accordo nucleare iraniano, il riconoscimento di Gerusalemme (Al-Quds) come la “capitale” israeliana, il rifiuto della soluzione dei due Stati e la sospensione dei fondi per i profughi palestinesi sono certamente rassicuranti per Tel Aviv. Ma quanto aiuto possono aspettarsi gli israeliani sul campo di battaglia? La risposta: probabilmente nessuna. Se gli israeliani dovessero lanciare un’incursione militare diretta contro la Siria, si troverebbero di fronte al peso totale dell’Asse della Resistenza e dei loro partner russi. Se gli israeliani hanno difficoltà a governare i cieli – l’ultima frontiera di dominio di Tel Aviv – tentare di ottenere successi sul campo potrebbe rivelarsi del tutto disastroso.

di Giovanni Sorbello

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