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Autonomia differenziata, colpo di grazia al Servizio Sanitario

Si trattava solo di attendere quando e come, ma alla fine è successo. Per capire quello che è successo con l’approvazione dell’autonomia differenziata, diventata legge con tanti dubbi sul suo futuro poco radioso, bisogna andare indietro nei tempi per vedere che, ad armare la mano del governo Meloni ci sono tanti mandanti.

Autonomia differenziata, una legge che viene da lontano

Si deve risalire a primi anni del duemila, quando i governi di centrosinistra, presi dalle fregole e dalla voglia di tenere testa al dominio berlusconiano e della Lega sua alleata, pensarono bene di fare un “sorpasso a destra” modificando il Titolo V della Costituzione in modo da non lasciare campo alle politiche separatiste, allora in voga, della Lega. Quanta acqua è passata sotto quei ponti è presto detto, perché la gente tra la brutta copia e l’originale ha sempre preferito votare l’originale. Il governo Meloni, per tenersi buona la Lega, sta pagando una cambiale salatissima al partito di Matteo Salvini e dei suoi governatori che esultano all’incancrenire di una malattia, chiamata “regionalismo”.

Sanità fratturata

Era successo durante le varie fasi critiche della pandemia da Covid-19 quando i 21 staterelli guidati dai vari “Governatori”, avevano dato mostra di incapacità, inadempienza, approssimazione e pressappochismo. In quel contesto drammatico per l’Italia, la sanità aveva mostrato tutte le sue fratture. Oggi, con l’Autonomia Differenziata rischia di spaccarsi definitivamente. A interrompere i sogni di gloria della politica dovrebbe essere il rapporto del “Centro per la ricerca economica applicata alla sanità” dell’Università di Tor Vergata. Presentato il 23 Giugno 2024, in esso si vede un’Italia divisa in tre colori: Verde, Giallo e Rosso e sono i vari livelli di salute del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Dall’Umbria in poi l’Italia è colorata di verde, dal Lazio in giù diventa gialla mentre, in rosso, quello che resta: Basilicata, Calabria e Sicilia. I colori non fanno altro che rispecchiare le performance di salute in un indice che tiene conto di: Equità, esiti, appropriatezza e innovazione del SSN. Il risultato migliore lo ottiene il Veneto e il peggiore la Calabria, ma ad impressionare è il divario tra la prima regione e l’ultima, dove un terzo delle regioni non arriva al 40% dato il valore massimo di 100% e il minimo del 26%.

L’Italia che spicca per spesa privata con somme che si aggiungono alle tasse pagate, per chi le paga, condivide con Grecia e Portogallo i posti peggiori della classifica europea, con una Germania che ha quasi e solo spesa pubblica con un “Out Pocket” del 13,5%. L’Italia è già spaccata quando il tasso di mortalità evitabile è di 16,9 decessi per diecimila abitanti al Nord, mentre di 21,8 tra Campania, Sicilia e Molise.

di Sebastiano Lo Monaco

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