Aung San Suu Kyi non è più “Ambasciatore della Coscienza”
Lo scorso lunedì, Amnesty International ha cancellato lo status di “Ambasciatore della Coscienza” alla leader della Birmania, Aung San Suu Kyi, a causa della sua incapacità di opporsi alla violenza contro la minoranza musulmana Rohingya, definendolo un “vergognoso tradimento”.
“Oggi siamo profondamente indignati dal fatto che Aung San Suu Kyi non è più un simbolo di speranza, coraggio e difesa instancabile dei diritti umani. Amnesty International non può più legittimare il suo status di “Ambasciatore della Coscienza”, per questo le ritiriamo il titolo”.
Con questa lettera, scritta dal segretario generale di Amnesty, Kumi Naidoo, le viene ritirato il più prestigioso riconoscimento di Amnesty International per la difesa dei diritti umani, che le era stato conferito nel 2009 quando ancora si trovava agli arresti domiciliari dovuti all’opposizione contro la giunta militare birmana.
La sua lotta per una Birmania democratica le aveva fatto guadagnare svariati premi internazionali, uno dei quali il Premio Nobel per la Pace “per la sua lotta non violenta per la democrazia e i diritti umani”, conferitole nel 1991 e ritirato nel 2012.
Nel 2016 però scoppia la violenza contro i Rohingya, la minoranza musulmana della Birmania. Principalmente tra novembre 2016 e agosto 2017, i musulmani vengono brutalmente uccisi, feriti, arbitrariamente arrestati e violentati dai soldati e dalle folle buddiste filo-regime. Più di 700mila membri del gruppo per lo più apolidi sono fuggiti attraverso il Bangladesh.
Ad agosto, un’indagine dell’Onu sugli atti di violenza in Birmania ha concluso che i militari hanno compiuto uccisioni di massa e stupri di gruppo contro i Rohingya con “intenti di genocidio”, chiedendo il perseguimento del comandante in capo e di cinque generali dell’esercito birmano. La Birmania ha respinto il rapporto delle Nazioni Unite, nonostante le enormi prove che hanno cominciato a emergere anche molto prima di quel rapporto.
Per questo motivo a settembre anche il Canada, con una mozione unanime del Parlamento, ha deciso di ritirare la cittadinanza onoraria a Aung San Suu Kyi per “il suo rifiuto di denunciare il genocidio della minoranza musulmana Rohingya”.
I Rohingya, che hanno vissuto in Birmania per generazioni, sono privati della cittadinanza e sono marchiati come immigrati clandestini anche dal Bangladesh, cosa che nega loro anche la cittadinanza.
di Irene Pastecchi