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Attacco alla Siria, rullano i tamburi di guerra in Sicilia

Sono come quei botti finali durante uno spettacolo di fuochi d’artificio: sempre più colpi, uno dietro l’altro, ad attirare l’attenzione di tutto il pubblico, ma in questo caso lo “spettacolo” deve ancora iniziare. Video–messaggi, dichiarazioni ufficiali, schieramenti alquanto confusi continuano a dar forma ad una ennesima guerra imperialista camuffata per interventismo umanitario. Protagonista è la Siria dell’attuale Presidente Bashar Al-Assad, terra oramai scenario di delitti orrendi quanto assai disumani in nome di una democrazia da esportare a suon di bombe. Forse lo scenario libico ci regala un nuovo deja vu? Eppure, a differenza della Libia, oggi la Siria non è sola ma può vantare del sostegno della Russia, dell’Iran e di molti altri paesi che hanno già rifiutato di mettere a disposizione le loro basi per eventuali attacchi contro la stessa. Attacchi che lo stesso presidente Barack Obama ritiene fondamentale attuare anche senza il consenso dell’Onu e l’accertamento dell’uso di armi chimiche (poi smentito dai satelliti russi) da parte del regime siriano. “L’attacco Usa alla Siria potrebbe essere fra una settimana o un mese e sarà limitato nella portato – ha riferito Obama – Il voto del Congresso sull’uso della forza in Siria si terrà dopo il 9 settembre, alla ripresa dei lavori del parlamento americano”.

Mentre l’Italia, dopo la dichiarazione dell’attuale Ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, dice di non intervenire senza il via dell’Onu che da giorni avrebbe mandato in Siria i suoi ispettori per verificare l’uso delle armi chimiche da parte del regime o degli stessi “ribelli” finanziati da Usa, Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Uno stivale sempre più a stelle e strisce per via delle numerose basi americane presenti sul territorio a partire dal dopo guerra, basi in cui si nascondono indisturbate 70 bombe atomiche Usa realizzate alla fine degli anni Sessanta, la cui potenza massima è oltre 30 volte la bomba di Hiroshima.

Ma se l’Italia dovesse dare l’Ok e favorire l’intervento in Siria, sarà proprio la Sicilia il punto di partenza dei numerosi droni già stanziati a Sigonella in previsione dell’attacco in Medio Oriente. Sappiamo già che, secondo il progetto “Alliance ground surveillance”, entro il 2017, la Sicilia dovrà diventare una base con un ruolo strategico per lo scacchiere mediterraneo e internazionale. Questi droni infatti, classificati tra i modelli “Global Hawk” verranno facilmente coordinati da sofisticati sistemi di comunicazione satellitare come l’impianto Muos, da Mobile User Objective System, in fase di realizzazione a Niscemi ma già presente in Australia, Hawaii, Virginia.

“E’ un peccato che il Muos non avrà la copertura del medio-oriente, come invece avverrebbe se la stazione di terra di Niscemi fosse attivata. Gli USA potrebbero effettuare un attacco contro la Siria in maniera molto più distruttiva, utilizzando droni e missili teleguidati in maniera difficilmente immaginabile con i mezzi odierni – ci riferisce Massimo Zucchetti, professore ordinario Impianti Nucleari al Politecnico di Torino, già consulente al Comune di Niscemi per un accurato studio sugli effetti del Muos – Invece dovranno, ma solo per questa volta, scomodare le portaerei da mandare nel golfo persico e nel mediterraneo e rischiare magari la vita di qualche pilota. Le migliaia di morti che causerà l’attacco aereo sulla Siria, che non rovescerà Assad ma lo indebolirà soltanto come da istruzioni israeliane, si sarebbero potute ottenere con la facilità di un videogioco”.

Un passo indietro per ripercorrere a ritroso una vicenda alquanto recente, quella della guerra in Libia allo scopo di eliminare dai “giochi” l’ex leader Gheddafi: ricordate bene i droni partiti da Sigonella, fra Siracusa e Catania? In quella che è oggi la sede del  41° Stormo dell’Aeronautica militare italiana si trova anche una Naval Air Station degli Stati Uniti, zona dove parte dell’esercito, con le rispettive famiglie, vi si era già insediato nel 1959.

Una funzione strategica quella di un’isola, la Sicilia, considerata da sempre la cerniera di ricongiungimento tra quell’Occidente storico colonizzatore e quel Medio Oriente che risponde, certo con  violenza, alla volontà delle più potenti compagnie private e massoniche di infiltrarsi nei sistemi economici di ogni paese per poterlo controllare, solo dopo aver deposto il loro “dittatore assassino”, come è stato definito Assad dallo stesso segretario di Stato statunitense John Kerry.

“Pure gli aeroporti civili, come nel caso della Libia – spiega Massimo Zucchetti – potrebbero essere parzialmente chiusi al traffico per essere usati dagli aerei militari. Un ruolo importante, ma non unico: ma al prossimo giro, probabilmente un attacco sull’Iran, la Sicilia sarà al primo posto. Speriamo non anche nelle eventuali ritorsioni: non sia mai che uno stato bombardato da stranieri reagisca bombardando a sua volta le basi del nemico”.

Intanto a Niscemi, nonostante le numerose manifestazioni e gli ennesimi tentativi, da parte di tantissimi attivisti e mamme determinate, al fine di bloccare le autorizzazioni ai lavori del Muos rilasciate già dalla giunta dell’ex presidente Lombardo e adesso riconfermate dall’attuale presidente Crocetta dopo la revoca degli atti di revoca, continuano indisturbati i passaggi di mezzi pesanti nella base, scortati dalle stesse forze dell’ordine italiane.

“Il Muos s’ha da fare adesso?” La premura di bombardare in Siria è senz’altro evidente, come l’immagine di una Sicilia sempre più coperta dallo stivale dei cowboy.

di Redazione

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