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Asse della Resistenza e falsa narrazione

I rappresentanti dell’Iran“, “i gruppi sostenuti dall’Iran”: queste sono le comode etichette che i media occidentali appiccicano all’Asse della Resistenza, le forze dell’Asia occidentale che si stanno opponendo alla presenza statunitense e all’occupazione israeliana.

Soprattutto negli ultimi anni, questo tipo di linguaggio è stato utilizzato come strumento per sminuire la lotta dei gruppi della Resistenza che combattono per i palestinesi, e ridurli a semplici burattini nelle mani di una mano straniera.

Asse della Resistenza: uno sguardo più approfondito 

Il termine “Asse della Resistenza” è utilizzato per descrivere un’alleanza di governi, movimenti e organizzazioni uniti dall’opposizione all’egemonia e all’intervento occidentale, all’aggressione israeliana e all’occupazione della Palestina, nonché a gruppi terroristici come Isis e Al-Qaeda.

Sebbene la composizione esatta dell’Asse della Resistenza possa essere fluida, si ritiene generalmente che includa l’Iran, lo Yemen guidato da Ansarullah, Hezbollah in Libano, Hamas e Jihad Islamico in Palestina e la Resistenza Islamica dell’Iraq. La Siria, sotto il suo deposto presidente Bashar al-Assad, era ampiamente percepita come un membro dell’Asse, sebbene alcuni analisti sostengano che, sebbene Damasco avesse forti legami con la Resistenza, rimase ai margini. La politica decennale di Assad, di evitare il confronto militare diretto con Israele, rappresenta uno dei motivi principali per cui la Siria non era considerata una componente chiave dell’Asse della Resistenza.

Resistenza radicata nella regione

Il concetto di Resistenza all’influenza e al dominio occidentale non è una novità per la regione. Parsa Najafi, esperto dell’Asia occidentale, spiega: “L’ideologia della Resistenza è profondamente radicata, non è uno sviluppo recente. Esiste in ognuno di questi Paesi da decenni, e ha avuto origine fin dagli inizi del colonialismo occidentale nell’Asia occidentale”.

Najafi fornisce esempi storici specifici che dimostrano questa Resistenza di lunga data. Egli nota che in Iraq “una notevole lotta contro l’egemonia occidentale si è verificata negli anni ’20, quando gli iracheni di ogni estrazione sociale e religione si sono uniti contro l’occupazione britannica”. Questa rivolta, nota come la rivolta irachena del 1920, rimane un evento significativo nella storia moderna della nazione, evidenziando un’opposizione unificata al controllo occidentale e un forte desiderio di autodeterminazione.

Allo stesso modo, in Libano, la Resistenza contro le forze esterne ha messo radici ben prima della Rivoluzione iraniana del 1979. Najafi sottolinea: “Il primo movimento contro Israele si è formato prima della Rivoluzione Islamica, chiamato Amal (speranza)”. Amal considerava l’opposizione a Israele un elemento fondamentale della sua identità. Il defunto Seyyed Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah che è stato martirizzato da Israele a settembre, era un membro di questo gruppo.

La situazione in Yemen rivela anche una storia di Resistenza. “In Yemen”, spiega Najafi, “la gente ha combattuto il controllo britannico e saudita da quando l’ultimo Imam Zaidi è stato rovesciato da questi due Paesi nel 1962”.

L’influenza dell’Iran

La Rivoluzione Islamica del 1979 in Iran si è rivelata un momento di trasformazione, riaccendendo i sentimenti antiamericani e antiisraeliani esistenti in tutta la regione. Il successo della Rivoluzione nello sfidare l’influenza degli Stati Uniti è servito da modello, spingendo questi movimenti a esaminare le fondamenta ideologiche dell’Iran, in particolare le sue radici islamiche. Questo quadro ideologico condiviso è diventato una forza unificante, contribuendo in ultima analisi alla formazione dell’Asse della Resistenza.

Najafi chiarisce, tuttavia, che: “Mentre l’Iran ha innegabilmente aperto la strada ai moderni movimenti anti-egemonia occidentale, non esercita autorità sugli altri gruppi. Questi gruppi condividono obiettivi e valori comuni, rendendo naturale per l’Iran fornire assistenza. Ad esempio, si ritiene che l’Iran abbia condiviso la sua competenza nella produzione di missili e droni con gli yemeniti, che ora producono queste armi da soli e le schierano contro Israele. Tuttavia, le decisioni finali su quando, come e se utilizzare queste armi rimangono esclusivamente agli yemeniti”.

Etichettare questi movimenti di Resistenza come proxy iraniani mina la legittimità delle loro lotte contro l’occupazione e l’intervento americano e israeliano. Questa tattica, usata frequentemente dai media occidentali, cerca anche di creare divisioni interne nei Paesi associati a questi movimenti. Ad esempio, gli iraniani sono portati a credere di essere influenzati da Libano, Palestina e Yemen, mentre alle popolazioni di quei paesi viene detto che sono controllate dall’Iran.

di Redazione

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