Ashraf Fayadh, il poeta palestinese condannato a morte in Arabia Saudita
Ashraf Fayadh è uno dei tanti ragazzi condannati a morte in Arabia Saudita. Il regime saudita continua ad utilizzare la pena di morte come strumento di terrore e controllo sociale, non curante delle numerose violazioni di diritti umani che essa comporta.
La storia del poeta palestinese ha attirato l’attenzione dei media nel mondo a causa del suo repentino sconvolgimento: incarcerato per la prima volta il 6 agosto 2013, fu inizialmente condannato a 4 anni di detenzione e 800 frustate per aver violato l’articolo 6 della legge saudita contro il cybercrime per aver scattato fotografie a donne ed averle conservate. Mentre scontava già questa pena, il 17 novembre 2015 il tribunale di Abha lo ha accusato di apostasia dopo il ribaltamento in appello, durante il quale gli è stata negata la possibilità di avvalersi di un avvocato. Il poeta, secondo la dubbia testimonianza di un cittadino, avrebbe promosso tra i giovani l’ateismo e idee blasfeme. Il padre della famiglia Fayadh, una volta appresa la notizia della nuova condanna, è morto d’infarto. Una triste sorte contorna il destino del giovane Ashraf, un 35enne palestinese nato e cresciuto in Arabia Saudita.
Amnesty International ha lanciato un appello diretto al re e al primo ministro saudita per scarcerare immediatamente il prigioniero di coscienza. Il testo dell’appello:
“Maestà, le scriviamo in quanto sostenitori di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque essi siano violati.
Le chiediamo di rilasciare Ashraf Fayadh immediatamente e senza condizioni, poiché è un prigioniero di coscienza, detenuto per il solo fatto di aver esercitato pacificamente il proprio diritto alla libertà di espressione. La esortiamo ad assicurare che la condanna e la sentenza siano annullate.
La sollecitiamo affinché la pena di morte non sia usata per punire crimini che non rispettino il criterio dei “reati molto gravi”, tra cui l’apostasia che, tra l’altro, non viene considerata reato dal diritto internazionale. Grazie per l’attenzione”.
Porre luce sulle violazioni dei diritti umani è spesso uno strumento che aiuta la comunità internazionale ad unirsi e sensibilizzarsi, infatti il 14 gennaio è stato lanciato l’appello al worldwide reading delle poesie di Ashraf da parte del Festival della letteratura di Berlino. In tutto il mondo si sono tenute letture delle sue opere al fine di divulgare la capacità artistica del prigionero e di dimostrare all’Arabia Saudita che siamo dalla parte della libertà d’espressione. Non esiste modo migliore per esprimere la propria solidarietà, anche nel proprio piccolo.
Le poesie di Ashraf:
Pari opportunità
(traduzione dall’arabo di Jolanda Guardi)
Una ragazza e un ragazzo…
La madre preferisce il ragazzo alla ragazza
Il ragazzo sta vicino alla madre nel momento del bisogno
La ragazza partorirà un altro ragazzo che le stia accanto!
Equità
(traduzione dall’arabo di Jolanda Guardi)
Si dice che la gente sia come i denti di un pettine
Ma non è così… mi raderò la testa in ogni caso
Per non essere obbligato al confronto!