Medio Oriente

Arrivano le diffide anche per i calciatori

di Matteo Mascia

L’ultimo appuntamento di campionato sarà ricordato come una pessima giornata per lo sport italiano. Lo Stato impedirà ad un atleta di praticare la sua disciplina per i prossimi tre anni. Pietro Arcidiacono, attaccante siciliano di ventiquattro anni, non potrà più scendere in campo con le scarpette ai piedi.

Per lui il gioco del calcio sarà un qualcosa da guardare alla televisione. Il Daspo emesso nei suoi confronti gli vieterà di frequentare anche gli stadi. Non potrà essere spettatore di manifestazioni ufficiali. Potrà avvicinarsi ad un pallone solo per non perdere l’allenamento e la forma fisica. Isolato e lontano dai compagni di vita fino a due giorni fa suoi colleghi. La scelta della questura di Catanzaro ha dell’incredibile. Lo sportivo, tesserato con il Cosenza, ha una colpa precisa. Durante l’ultimo incontro disputato dalla sua squadra ha esultato per la segnatura di una rete esibendo una maglia con la scritta “Speziale innocente”. Quelle due parole sono collegate all’emissione della sentenza definitiva relativa ai fatti del 2007 in cui trovò la morte l’ispettore di Polizia Filippo Raciti.

Fatto per cui è stato riconosciuto colpevole Antonino Speziale, giovane tifoso dei colori etnei e all’epoca minorenne. Dispositivo in grado di ingenerare qualche dubbio. Secondo quanto deciso dal questore di Cosenza un cittadino-sportivo non è libero di esprimere il proprio pensiero durante una manifestazione sportiva. Ma cosa sarebbe successo se un tesserato alla federazione scacchistica si fosse “macchiato” della stessa colpa? Probabilmente nulla. Eppure, l’antico gioco è riconosciuto dal Coni a tutti gli effetti. Il funzionario di Polizia ha quindi preteso di trattare in modo diverso due cittadini. Un calciatore ha meno diritti e facoltà di un altro atleta. Per sostenere questo ragionamento potremmo anche citare l’autonomia dell’ordinamento sportivo. Nessuno infatti potrebbe contestare il merito ed il metodo dell’inchiesta avviata dalla Procura federale della Figc. Le sanzioni sportive dovrebbero essere le uniche a colpire chi partecipa ad una manifestazione sportiva. In Italia qualcuno si è messo in testa di andare in direzione contraria.

Ed ha tutte le intenzioni di fare sul serio. Secondo alcune indiscrezioni filtrate da ambienti vicini alla Digos del capoluogo calabrese, si starebbero visionando alcuni filmati per capire se Arcidiacono abbia avuto “complici” in panchina. Tra i calciatori di riserva figurava infatti il fratello. Sospetto di aver avuto tra le mani la maglia incriminata. Insomma, come nei tempi più bui della civiltà giuridica occidentale, il legame di parentela ed il luogo di nascita sono elementi sufficienti a procedere contro un cittadino. Gli avvocati di Speziale esprimono sgomento per quanto deciso dalle Forze dell’ordine. Hanno parlato di una sanzione che va a colpire la libertà di pensiero e la sua espressione.
A nessuno può essere impedito di commentare o criticare una sentenza dell’Autorità giudiziaria, nonostante la sua definitività. Rinascita ha chiesto un parere a Lorenzo Contucci, avvocato del foro di Roma e massimo esperto in materia di “diffide” e reati da stadio. “Si tratta di un provvedimento assurdo ed illegittimo che, a questo punto, dovrebbe essere comminato anche all’avvocato del ragazzo che la sua innocenza l’ha sempre sostenuta – ci spiega il legale – Anche io penso che Speziale sia innocente: sono forse pericoloso? Viene lesa in modo evidente la libertà di pensiero ed ora il giocatore dovrà andare di fronte al TAR per impugnare il provvedimento. Il comportamento della questura è sconcertante e capita in un momento assai critico per la polizia di Stato: è come se non ci sia alcun controllo, ciascuno va per la strada propria, infischiandosene della Costituzione”. Ad Arcidiacono non resta che confidare in una motivazione perplessa, contraddittoria o insufficiente del provvedimento. Basterebbe uno di questi elementi per neutralizzare il Daspo. La politica, piuttosto che tacere, dovrebbe pensare a dei correttivi.

Soprattutto quando l’attuale inquilino del Viminale pensa di mutuare la disciplina della diffida per tenere lontano dalle piazze i “manifestanti violenti”. Occorre invertire la rotta con fermezza. La decisione adottata è un precedente pericoloso. Il nostro Paese non si può permettere di tollerare la repressione a danno di un atleta.

Fonte: www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17901

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