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Armi, si ampliano le industrie di morte

Sono state le immagini satellitari di 150 strutture appartenenti a 37 aziende dell’industria delle armi, pubblicate dal Financial Times, che ha scoperto le aree interessate da lavori di costruzione e di nuovi edifici e strade.

L’ampliamento ha numeri da capogiro: si passa dai 790mila metri quadrati del 2021/22 pre-invasione Ucraina, ai 2,8 milioni di metri quadri attuali. Da evidenziare che ancora mancano i soldi del maxi riarmo “Readiness 2030”, nonostante tutto, i gruppi europei di difesa hanno iniziato a spendere e ad espandere le proprie fabbriche ad un ritmo vertiginoso.

Le 37 aziende prese in esame si trovano in Norvegia, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Ungheria. Si tratta di un ritmo tre volte superiore a quelli dei tempi di non belligeranza. Questo è stato possibile grazie ai finanziamenti previsti dall’ASAP (Act in Support of Ammunition Production), varato nel 2023 con lo scopo di incrementare la produzione di missili e munizioni.

Su 88 siti europei sovvenzionati dai 500milioni di euro del programma ASAP, 34 presentano segni di attività edilizia, 20 con ampliamenti rilevanti e 14 con interventi leggeri. Il sito con la maggiore espansione registrata è quello di Vàrpalota, nell’Ungheria occidentale, con un progetto congiunto con la Rheinmetall, colosso tedesco insieme alla N7Holdig ungherese; il sito produce munizioni ed esplosivi per il carro armato Leopard 2.

Industria delle armi in Italia

Non viene nominata direttamente, ma dalla cartina emerge un’espansione nei pressi di Anagni dove si trova l’ex Winchester che si occupava di smantellamento, riconversione e ricircolo. Il sito dovrebbe diventare un polo produttivo di nitrogelatina, una sostanza base per i propellenti di missili e bombe.
Sulle armi e sull’arricchimento delle aziende e dei singoli, chi ha visto il film di Alberto Sordi “Finché c’è guerra c’è speranza” sa come funzionano le cose.

Nella realtà le cose non sono differenti, i conflitti che insanguinano l’Ucraina e la Palestina con altri sette fronti di combattimenti aperti da Israele, hanno un tornaconto non indifferente per tutti coloro che partecipano come fornitori. Nel genocidio messo in atto dall’entità sionista, una grossa mano d’aiuto la dà anche l’Italia che si posiziona al terzo posto dei fornitori di armi; dinnanzi a lei solo Usa e Germania.

di Sebastiano Lo Monaco

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