Arabia Saudita rifiuta indagini su crimini in Yemen
L’Arabia Saudita ha respinto la richiesta da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani di avviare un’inchiesta indipendente sui crimini della guerra saudita in Yemen. Adel Bin Zayd al-Tarifi, il ministro saudita della Cultura e dei Media, ha respinto la richiesta da parte dell’Alto Commissario Zeid Ra’ad al-Hussein, sostenendo che Riyadh aveva già accettato il lavoro di indagine da parte della Commissione Nazionale Yemenita d’inchiesta.
E’ quest’ultima il risultato di un compromesso con le Nazioni Unite accettato dall’Arabia Saudita e da altri Stati arabi di fronte alla minaccia di un’indagine indipendente dell’Alto Commissariato per i diritti umani. Un compromesso tortuoso dopo giorni di negoziati a Ginevra, descritto da Human Rights Watch e dall’Unione europea come un passo in avanti limitato. Per alcuni si tratta di un fallimento palese di responsabilità. Per altri la Commissione Nazionale Yemenita è un corpo che riporta ad Abd Rabbuh Mansur Hadi, fedele alleato saudita ed ex presidente dello Yemen dal 2012 al 22 gennaio 2015.
Al-Hussein, insieme a un certo numero di Stati membri dell’Ue, aveva chiesto un’indagine internazionale sulle violazioni dei diritti sauditi in Yemen. Tuttavia, il Consiglio per i diritti delle Nazioni Unite ha preferito un compromesso con l’Arabia Saudita ed ha rifiutato di aprire un’inchiesta indipendente sui crimini di guerra in Yemen, adottando una risoluzione che chiede alle Nazioni Unite di fornire “assistenza tecnica sostanziale e consigli, anche nei settori di responsabilità e supporto legale”. La risoluzione invita l’Onu ad istruire i suoi investigatori “per completare il lavoro di indagine della Commissione Nazionale”, mentre questa documenta le violazioni dei diritti umani in Yemen.
Negli ultimi sviluppi in Yemen, il Movimento Houthi Ansarullah e il partito Generale del Popolo (Gpc) dell’ex presidente, Ali Abdullah Saleh, hanno creato le condizioni per la ripresa dei colloqui finalizzati a porre fine all’aggressione saudita contro il popolo yemenita.
I delegati Houthi e del Gpc in una dichiarazione all’Agenzia di stampa Saba hanno sostenuto che il presidente appoggiato dall’Arabia Saudita, Abd Rabbuh Mansur Hadi, deve andarsene e un accordo sulla presidenza deve essere raggiunto. “Eventuali colloqui o trattative da parte di delegati yemeniti devono essere a condizione che le Nazioni Unite offrano un piano di pace scritto e globale”, sostengono i delegati: “Se la proposta non include un accordo sulla nuova istituzione presidenziale, il piano di pace delle Nazioni Unite diventa solo una visione parziale e incompleta, che non può essere una base per la discussione”.
Il 7 agosto, i colloqui di pace mediati dall’Onu sul conflitto yemenita si sono conclusi in Kuwait senza un accordo. I negoziati tra i delegati del movimento Ansarullah e l’ex regime yemenita di Hadi erano iniziati il 21 aprile. Il 13 agosto, il parlamento dello Yemen ha tenuto la sua prima sessione nella capitale del paese, Sana’a. I parlamentari hanno votato all’unanimità alla guida del Paese il neo costituito “Supreme Political Council”, strappando il potere e la legittimità al presidente Abd Rabbih Manṣūr Hādī.
di Cristina Amoroso