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Arabia Saudita: leggi e tradizioni legittimano la violenza di genere

di Manuela Comito

Un recente sondaggio, condotto in Arabia Saudita su un campione di 992 uomini e donne al di sopra dei 19 anni rivela che la maggioranza degli uomini crede che le donne provochino le molestie di cui sono vittime con il solo sguardo. L’indagine è stata condotta dal Centro per il Dialogo Nazionale del re Abdul Aziz con sede a Riyhad, una Ong saudita che opera nella promozione della comunicazione tra i cittadini e il governo. Se si considera che le donne saudite hanno l’obbligo di coprire la maggior parte del corpo in pubblico, tanto che gli occhi sono l’unica parte visibile, risulta sconcertante la “giustificazione” addotta dai molestatori e accettata dall’opinione pubblica.

L’86,5% degli uomini intervistati imputa l’aumento dei casi di molestie contro le donne nei luoghi pubblici all’uso di cosmetici, secondo quanto riporta il sito Emirates news 24/7, citato anche da Alalam News Network. Va sottolineato che il sistema giudiziario saudita manca di una severa legislazione che tuteli le donne, anzi esse sono spesso “oggetto sociale” più che soggetti liberi di decidere della propria vita. Le donne saudite non possono guidare autoveicoli: l’Arabia Saudita è l’unico Paese al mondo dove vige il divieto assoluto per le donne di guidare. La pena per colei che decide, a suo rischio e pericolo, di sfidare tale divieto è di 10 frustate; dal mese di aprile 2013, le donne, dopo una dichiarazione da parte del Ministero Islamico degli Affari Esteri, possono spostarsi in bicicletta, solamente in alcune aree designate del Paese, sempre accompagnate da un maschio, indossando obbligatoriamente un abaya islamico che le ricopre dalla testa fino ai piedi e circolando in alcune zone ben definite (assolutamente non per spostarsi da un luogo all’altro).

Le donne non possono viaggiare senza l’accompagnatore o senza una espressa autorizzazione. Sono esonerate solo le donne che hanno compiuto 45 anni di età. Le altre, al di sotto di quest’età, che devono viaggiare hanno due possibilità: o viaggiare accompagnate dal marito o dal padre, oppure essere in possesso di un modulo di autorizzazione firmato da un tutore maschio. Fino a qualche anno fa, le palestre private riservate ad un pubblico femminile, erano permesse ed autorizzate dallo Stato saudita, ma, dopo diverse leggi religiose intervenute negli ultimi anni, la polizia religiosa ha deciso di chiuderle definitivamente.

Le scuole e le università statali prevedono lezioni di ginnastica solo per i maschi e non esistono corsi di ginnastica per le ragazze o squadre sportive femminili. Nessuno dei 153 club sportivi regolati dal governo ha una donna tra i suoi membri. Nel Paese esistono 29 federazioni sportive ma nessuna offre competizioni femminili. Human Rights Watch ha chiesto ripetutamente al governo saudita di rispettare il diritto delle donne a praticare un’attività sportiva e al Comitato Olimpico internazionale di prendere provvedimenti contro l’Arabia Saudita. La Carta Olimpica, infatti, prevede l’esclusione del Paese che pratica un qualsiasi tipo di discriminazione.

Dopo molte pressioni a livello internazionale, le autorità saudite hanno eliminato il divieto di competere alle Olimpiadi imposto sulle donne e per la prima volta hanno inviato a Londra 2012 due atlete (accompagnate e autorizzate dai rispettivi padri). Alle donne in Arabia Saudita non è permesso fare alcun lavoro; prima potevano svolgere solamente due attività ritenute adeguate e appropriate ad una donna: il medico o l’insegnante. Oggi possono teoricamente svolgere qualsiasi attività, ma nella pratica tutto si riduce a quanto e cosa le famiglie sono disposte a concedere; questo implica che nella maggior parte dei casi, le donne rinunciano a una propria realizzazione personale e professionale.

La sharia Wahabita  impone la rigida separazione fra persone di sesso opposto che non hanno legami di sangue e la polizia religiosa ha il compito di pattugliare rigorosamente le strade per garantire che, in pubblico, le donne restino separate dagli uomini. Sono moltissime le segnalazioni da parte di Amnesty International, Human Rights Watch e da decine di Ong minori che denunciano le condizioni inumane e le limitazioni a cui sono soggette le donne saudite e tentano di fare pressione sul governo saudita affinché la situazione cambi, ma esso sembra sordo a ogni richiesta.

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