Arabia Saudita: la repressione che non fa “rumore”
I manifestanti hanno scandito slogan contro l’uso eccessivo della forza da parte delle forze saudite, condannando le azioni repressive del regime di Al Saud contro i dissidenti. Secondo Human Rights Watch, il regime saudita “reprime sistematicamente ogni forma di protesta”. Gli attivisti sauditi affermano che la maggior parte dei prigionieri politici sono detenuti dal governo senza regolare processo o accuse legittime, sono stati arrestati sulla base di sospetti.
Nel mese di ottobre le autorità saudite hanno dichiarato che avrebbero agito “con fermezza” se non fossero cessate le proteste fuori dal carcere di Tafiya, a nord della capitale, per chiedere la liberazione dei detenuti politici.
Amnesty International ha criticato Riyadh per l’uso spropositato della forza, esortando le autorità a “ritirare la loro minaccia”. In Arabia Saudita le proteste e i raduni politici di qualsiasi genere sono vietati.
Dal febbraio 2011 i manifestanti hanno tenuto dimostrazioni quotidiane in Arabia Saudita, soprattutto nelle province orientali di Qatif e Awamiyah. Le manifestazioni si sono trasformate in proteste contro il regime di Al Saud dopo il novembre 2011, quando le forze di sicurezza saudite hanno ucciso cinque manifestanti e ferito molti altri.
In Arabia Saudita, così come in Bahrain e Kuwait, la repressione da parte del regime è assolutamente legittima, nessuna accusa o commento si alza dai vertici della cosiddetta comunità internazionale, così tanto indaffarata a sostenere e coprire aggressioni militari in giro per il mondo.