Ansarullah, “a piedi nudi” ha messo in ginocchio Riyadh
Lo scorso anno, il regime saudita ha chiesto che il movimento di Resistenza yemenita Ansarullah smettesse di filmare le operazioni militari “in preparazione di seri colloqui”, ha riferito una fonte militare yemenita ad Al-Akhbar. Questa condizione rivela l’entità del danno che questi video hanno causato al regime di Riyadh, smentendo – sia in video che in audio – le bugie dei media sauditi sulla presunta abilità delle forze della coalizione di schiacciare il movimento yemenita.
Durante i sei anni di aggressione, Ansarullah ha accumulato punti di forza a tutti i livelli. Questi includono i “mezzi di guerra“, che sono diventati una delle armi più letali alla luce dello sviluppo quantitativo e qualitativo del materiale registrato e del tentativo del movimento di sviluppare meccanismi per impiegare questo materiale.
Il movimento fa affidamento sulle formazioni organizzate su vari fronti, credendo nell’impatto dell’immagine sul morale sia in patria che all’estero. Nel corso di questo sviluppo, Ansarullah ha beneficiato delle esperienze dei media in Libano, Siria e Iraq, compiendo un salto qualitativo in termini di esperienza. Lo sviluppo ha avuto luogo a tappe, dalle strutture di ripresa per attacchi, incursioni, imboscate, al targeting e al lancio di veicoli e raduni militari, alle operazioni di cecchinaggio. L’elemento umano yemenita è stato il fattore più importante in questo sviluppo.
Ansarullah e la battaglia dei media
Il numero di martiri che lavorano nei media di guerra ha superato i 300, che è più del doppio il numero di persone martirizzate che lavorano nei media di guerra in Libano, Siria e Iraq combinati che non supera cento. L’elemento umano non è limitato al combattente fotografo, ma anche a coloro che lavorano allo sviluppo dei metodi di “documentare il momento” e di sfruttare le capacità. Le riprese includono anche la registrazione di riprese aeree… nel momento in cui il missile viene lanciato e nel momento in cui colpisce il bersaglio.
Inoltre, ci sono anche coloro che sono coinvolti nell’uso di materiale registrato lungo i fronti interni ed esterni, o ciò che viene comunemente definito come la gestione della guerra psicologica. Rispondono direttamente alla direzione militare del movimento, che controlla i meccanismi di pubblicazione che servono “l’interesse della battaglia”. Qui, la fonte rivela che l’esistenza di clip riservati per un numero di media e produzioni artistiche. I piani del movimento nella fase successiva trasformeranno parte del proprio archivio in una varietà di produzioni da utilizzare soprattutto per il fronte interno.
È evidente che i combattenti che appaiono nelle clip diventano simboli e icone, proprio come il combattente della Resistenza che ha piantato la bandiera della Resistenza islamica sul sito di Dabshah (nel 1994) è diventato un simbolo di resistenza in Libano.
Martiri e combattenti
Tra le icone dello Yemen c’è un combattente a piedi nudi che attacca una postazione saudita a Jizan con una bomba Molotov. È un’immagine che conferma il fatto che le persone scalze, i figli di questa terra, sono capaci di vincere la più forte alleanza militare nella regione. Superano le formazioni più forti delle forze speciali nel mondo arabo con il loro spirito combattivo.
Il motivo per cui si ci concentra su questi combattenti “scalzi”, senza fare riferimento alle “forze speciali” dello Yemen, è per sottolineare che “il popolo è quello che si difende”, dal momento che la guerra è contro lo Yemen nel suo complesso e non una parte.
di Yahya Sorbello