Ankara e lo sporco affare con lo Stato islamico
Un’ulteriore prova sui sinistri e ambigui legami di Ankara con lo Stato islamico è fornita da WikiLeaks: il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nella Power Trans, società implicata in importazioni di petrolio dell’Isis. Lunedì 5 dicembre WikiLeaks ha pubblicato 57.934 messaggi di posta elettronica dall’indirizzo personale del ministro dell’Energia della Turchia, Berat Albayrak, genero di Erdogan.
Il Box di Berat
Le e-mail coprono sedici anni a partire da aprile 2000 fino al 23 settembre di quest’anno (compreso il 15 luglio giorno del colpo di Stato) e sono per lo più corrispondenza tra Albayrak e la classe dirigente turca: politici, imprenditori e membri della famiglia. Le e-mail rivelano l’enorme influenza di Albayrak su di una vasta gamma di settori della politica e della vita turca.
Il reportage su questo prezioso box è già stato ostacolato dalla censura turca e dalla mancanza di un autorevole archivio, ricercabile e consultabile, riporta WikiLeaks. Il 23 settembre dello scorso anno un gruppo turco di attivisti hacker, il Redhack, aveva annunciato di avere ottenuto le e-mail di Berat Albayrak e le avrebbe rese pubbliche, a meno che il governo non avesse rilasciato alcuni marxisti arrestati il 16 settembre. Dopo il nulla di fatto, Redhack ha postato l’archivio su Google Drive e Dropbox. Il governo turco ha poi censurato la connessione internet e arrestato un certo gruppo di presunti sospetti Redhacker.
L’affare del petrolio del Ministro dell’Energia, genero di Erdogan
Le e-mail dimostrano il coinvolgimento di Albayrak in organizzazioni come PowerTrans, la società implicata in importazioni di petrolio dell’Isis. In data 11 novembre 2011, il governo Erdogan ha approvato una legge che vietava l’importazione, l’esportazione, o il trasferimento di petrolio o suoi derivati in o fuori della Turchia. Ma il disegno di legge ha anche affermato che il governo eventualmente poteva revocare il divieto in casi specifici. Questa eccezione è stata utilizzata per concedere solo a PowerTrans i diritti per il trasporto di petrolio senza tenere una gara pubblica. Ci sono state numerose accuse nei media turchi sulle importazioni di PowerTrans di petrolio controllato in Turchia dall’Isis. Albayrak ha ripetutamente negato la sua connessione con PowerTrans, ma le e-mail dimostrano il contrario.
In una e-mail dell’11 dicembre 2015 Albayrak discute con il suo avvocato Mustafa Doğan Inal e nega pubblicamente qualsiasi connessione con PowerTrans. L’avvocato propone una dichiarazione dichiarando: “Il mio cliente non ha più legami con PowerTrans …” Albayrak “corregge”, affermando: “Che cosa? Non ho mai avuto rapporti con questa società!”.
Tuttavia la corrispondenza mette in luce il rapporto tra il torbido Albayrak e Daesh attraverso la compagnia petrolifera PowerTrans. Da tutto l’archivio, è chiaro che Albayrak ha iniziato ad essere coinvolto in PowerTrans nel 2012, in coincidenza con la decisione del governo di dare a PowerTrans i diritti di trasporto del petrolio. L’archivio contiene quasi 30 messaggi di posta elettronica scambiati tra Albayrak e Betul Yilmaz, responsabile delle risorse umane di Çalık Tenere, un conglomerato di cui Albayrak è stato Amministratore Delegato. Yilmaz cerca l’approvazione da Albayrak riguardanti PowerTrans, decisioni personali, come ad esempio quelle riguardanti il noleggio e l’approvazione degli stipendi.
D’altra parte il petrolio era un buon affare per la Turchia, visto che lo Stato islamico lo vendeva a basso prezzo, come ha concluso la ricerca dal Ministero degli Affari Esteri norvegese. E, secondo la Russia, il petrolio dell’Isis veniva trasportato da tre rotte per la Turchia.
E’ stato un buon affare anche per il Califfato. Nel mese di ottobre 2015 il Financial Times ha mostrato che la produzione media di petrolio dell’Isis è stato di 34,mila-40mila barili al giorno, e venduto tra 20-45 ciascuno, dando all’Isis un reddito giornaliero di un milione e mezzo di dollari. Nel mese di luglio 2016, il Washington Post ha presentato foto satellitari ed ha sostenuto che il reddito dell’Isis dal petrolio era diminuito di quasi il 50%, ma è rimasto elevato, a circa 20 milioni di dollari al mese.
Inchiesta di RT e prove dei traffici turchi con l’Isis
Già nel mese di aprile 2016, un’inchiesta approfondita di Rt, il canale satellitare russo che ha inviato una propria troupe nell’area e ha raccolto testimonianze di prima mano, aveva mostrato le prove del legame fra Turchia e Isis nel commercio del petrolio: documenti abbandonati da miliziani dello Stato islamico in ritirata nel nord della Siria, e ritrovati dai combattenti curdi, uniti alle testimonianze di terroristi catturati nell’assalto alla città di Ash Shaddadi, durante la quale sono stati arrestati diversi “foreign fighters” provenienti da Turchia e Arabia Saudita, i quali hanno confermato i rapporti fra Daesh e Ankara. Le carte sono poi finite nelle mani delle Unità di protezione popolare (Ypg): fatture petrolifere dettagliate, documenti che rivelano il gioco sporco svolto dal governo turco di Recep Tayyip Erdogan in Siria.
Mentre la Turchia insisteva nel dire che era nemica giurata dello Stato islamico, i fatti sul terreno hanno raccontato una storia diversa.
di Cristina Amoroso