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La logica del malaffare divenuta “cultura”

di Salvo Ardizzone

Il senatore Ciro Falanga è un componente della Commissione Giustizia del Senato in quota Forza Italia, anche se da circa un anno ha aderito al movimento Forza Campania, fondato fra un arresto e l’altro da quel Nicola Cosentino già ras di Forza Italia in Campania ed attualmente detenuto e rinviato a giudizio per estorsione con l’aggravante di aver agito in combutta col clan dei Casalesi.

In Commissione, durante il dibattito in merito al decreto legge anti corruzione, ha tuonato con veemenza contro il provvedimento, dichiarando che Forza Italia avrebbe votato contro tutti gli emendamenti che avrebbero previsto aumenti di pena. Fin qui nulla di nuovo, figurarsi, ma è la motivazione addotta che lascia di stucco: per Falanga si tratta, testualmente, di una questione culturale, per lui chi pensa di aumentare le pene non comprende che questo si risolverebbe in un aumento delle “mazzette”.

In poche parole, per il senatore, dato che la corruzione è parte integrante della società, un aumento di pena (cioè del rischio) indurrebbe i corrotti ad aumentare il prezzo per i corruttori, che lo scaricherebbero sulla collettività aumentando i costi di un’opera pubblica, di un servizio e così via, col risultato di gravare i cittadini di un onere aggiuntivo. Insomma, la “mazzetta” viene equiparata all’Iva o a qualunque altro balzello che, aumentando per l’aumento del rischio, indurrebbe effetti recessivi sulla collettività.

Quanto sia mostruosa questa disinvolta equiparazione della corruzione a un comparto economico come gli altri, evidentemente sfugge a chi vi è talmente abituato dal considerarla un’ovvia “normalità” culturale, insita nel sistema e nella gente. Non abbiamo parole per definire il disgusto di simili ragionamenti fatti propri da un “cosiddetto” rappresentante del Popolo, o meglio, li avremmo, ma preferiamo non esternarli in un articolo.

È una logica che mostra tutto l’abisso di degrado e la miseria di concepisce la cosa pubblica come un pollo da spennare e la politica semplicemente come potere, sfacciatamente esercitato per l’interesse personale. Una logica fatta propria da larga, larghissima parte del nostro cosiddetto establishment, ma anche, ci tocca dirlo, da vasta parte di questo disgraziato Popolo; è questo che, più d’ogni altra cosa, ci impedisce d’essere un Paese normale.   

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