Medio Oriente

Ancora scontri diplomatici tra Cile e Perù

di Fabrizio Di Ernesto

Non c’è pace tra Cile e Perù. Nei prossimi giorno prenderanno infatti il via le audizioni presso la Corte penale internazionale dell’Aja per la risoluzione della disputa sui confini marittimi tra i due paesi indio-latini, per una discussione che va avanti ormai dalla fine del 1800.

Tutto ebbe inizio quando i due paesi e la Bolivia si affrontarono per il controllo delle miniere di salnitro nella battaglia del Pacifico, 1879-1883. Il Cile, uscito vincitore dal conflitto, oltre ad ottenere il controllo sulle miniere stabilì anche la propria sovranità su oltre 4mila chilometri di costa. Questo gesto però inasprì le relazioni tra i due contendenti.

La porzione di mare contesa è attualmente di proprietà cilena ed ha una estensione di circa 38mila chilometri quadrati.

Santiago avanza le proprie rivendicazioni basandosi su due trattati stipulati rispettivamente nel ’52 e nel ’54, entrambi sottoscritti dal Perù ma ritenuti non pertinenti dall’attuale governo di Lima. Secondo il memorandum presentato da Lima presso l’Aja, i due trattati riguarderebbero la definizione di semplici zone di pesca. Dal 1985 in poi i governi peruviani hanno mantenuto una certa coerenza sulla questione proponendo al Cile un’equa ripartizione della zona contesa come soluzione alla disputa marittima. Soluzione mai accettata dalla diplomazia di Santiago, che l’ha ritenuta una limitazione alla propria sovranità.

Ovviamente nessuno dei due contendenti vuole cedere, anche se negli ultimi tempi i rinati rapporti economici hanno un po’ alleggerito la situazione, aiutati in questo dagli accordi stipulati in seno all’Alleanza del Pacifico che mirano all’integrazione economica tra Cile, Perù, Colombia e Messico.

Ora però la partita si gioca in Europa e coinvolge le industrie ittiche dei due paesi ovvero una delle attività più redditizie per il Cile, che con una flotta di oltre 86mila pescherecci esporta il proprio pescato verso i mercati orientali. La riduzione progressiva della redditività delle zone di mare per via della pesca intensiva ha reso anche questo tratto di oceano di vitale importanza. Inoltre la crescente dipendenza dal commercio con la Cina, la maggior parte del quale avviene via mare, ha dato ai porti cileni una grande importanza strategica. Stesso discorso per il Perù che inoltre vanta una marina da guerra forte di una lunga tradizione militare e l’importanza del commercio fanno della questione marittima un fatto di rilevanza strategica.

Spettatore interessato in questa contesa è la Bolivia che da tempo rivendica un accesso all’Oceano ed è proprio per questo che tra La Paz e Santiago i rapporti sono tesi: attualmente le trattative tra queste due parti hanno portato solo al riconoscimento di alcune agevolazioni per il passaggio delle merci boliviane presso i porti cileni, senza alcuna cessione di sovranità. Dal momento che, secondo le parole del presidente boliviano Evo Morales, il mancato accesso al mare costituisce una ferita nazionale, è probabile che anche questo contenzioso finisca dinanzi al tribunale internazionale dell’Aja. Un’eventuale sentenza a favore del Perù darebbe una prospettiva insperata anche al governo boliviano.

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