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Alla “Pax Americana” gli alleati europei ed asiatici preferiscono la “Pax sinica”

di Cristina Amoroso

Il 31 marzo è scaduto il termine ultimo per presentare domanda come membri fondatori dell’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), la banca di sviluppo asiatico lanciata e guidata dalla Cina,  che ha visto moltiplicarsi i Paesi che hanno fatto richiesta di ingresso.

L’ultimo schiaffo all’egemonia americana nell’architettura finanziaria globale è venuto dagli alleati europei, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia, che in uno sprint prima della scadenza hanno firmato la richiesta d’ingresso, con la costernazione degli Stati Uniti, che vedono la banca con sospetto e che hanno sollevato preoccupazioni per i suoi standard e le pratiche di regolamentazione.

Dovrebbero essere 45 i Paesi che hanno presentato domanda di adesione alla banca entro il 31 marzo, Norvegia e Taiwan sono stati gli ultimi a chiedere di diventare membri fondatori della Aiib. La  Svezia ha chiesto un giorno prima di aderire, qualche giorno prima la Danimarca e i Paesi Bassi. Non mancano nomi di peso, tra cui il Brasile, la Russia, l’Australia e la Corea del Sud, che,  nonostante le pressioni americane, hanno alla fine deciso di far parte di quella che molti considerano una potenziale potente rivale della Banca mondiale. Solo il Giappone ha snobbato l’Aiib, interessato solo a mantenere la sua posizione egemonica nell’Asian Development Bank, unitamente a Washington.

Secondo i dati pubblicati dal sito cinese di informazione finanziaria Caixin, l’Aiib, ideata a ottobre 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, ha la sede a Pechino e un capitale di 50 miliardi di dollari che presto arriveranno a 100 miliardi (l’Asian development bank ne ha 165 di miliardi); l’obiettivo è essere una banca di sviluppo multinazionale che dà supporto ai progetti infrastrutturali nei Paesi emergenti dell’Asia. Progetti come ferrovie, strade, aeroporti, porti, infrastrutture di telecomunicazione, edilizia sostenibile, gestione sostenibile delle risorse idriche. Assomiglia dunque a istituti come la Banca mondiale, la Banca di sviluppo asiatica Adb, la Banca africana di sviluppo, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Banca interamericana di sviluppo.

La  Aiib, come nuova entità finanziaria, il cui accordo sull’istituzione è stato firmato il 24 ottobre 2014 da Cina, India, Thailandia, Malaysia, Singapore, Filippine, Pakistan, Bangladesh, Brunei, Cambogia, Kazakhstan, Kuwait, Laos, Myanmar, Mongolia, Nepal, Oman, Qatar, Sri Lanka, Uzbekistan e Vietnam come soci fondatori.

E’ legata all’Organizzazione di Shangai per la cooperazione (Sco), organizzazione politico-economico-militare “anti-Nato”, che contrasta l’espansione della Nato e le mosse “anti-russe”, composta da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, a cui hanno aderito in qualità di osservatori India, Iran, Pakistan, Mongolia e Afghanistan; di questi  l’Iran è stato escluso nel corso dell’ultimo vertice annuale (11 settembre 2014) perché allora sotto sanzioni Onu. La Sco è legata anche ai Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), i Paesi che hanno creato la propria Banca per lo sviluppo e il fondo di riserva, attualmente in discussione la creazione di una moneta comune sostenuta da oro: il Brics-Gold.

Di fronte al ruolo guida dell’America in Asia, basato essenzialmente su una pletora di trattati bilaterali di sicurezza e dopo il fallimento del Tpp (Trans-Pacific Partnership), la Cina sembra si stia costruendo vari tipi di istituzione e trattati di amicizia con i suoi vicini, in grado di contrastare la potenza di Wall Street e della City di Londra, con proposte concrete e progetti proficui.

Evidentemente Washington, che non ha nulla di finanziario da portare al tavolo asiatico, è stata respinta dai Paesi più interessati ai soldi dello sviluppo cinese che alle navi da guerra americane, agli squadroni aerei, e alle caserme piene di marines americani. Così quasi in concomitanza con il termine ultimo per entrare nella Aiib, mentre  il segretario al Tesoro Usa Jacob Lew  correva dritto verso Pechino, per tamponare l’escalation della Aiib, il presidente cinese Xi Jinping stava affrontando i delegati al Forum Boao in Hainan, l’alternativa cinese all’occidentale Forum di Davos in Svizzera.

Invece di sentire discorsi altisonanti dei vari Soros, Rothschild e Rockefeller, i delegati ascoltavano la Cina che metteva sul tavolo offerte concrete di sviluppo sostenibile, che spaziavano dal progetto cinese della Via della Seta, che collega la Cina all’Europa e al Medio Oriente e non solo, ad altri progetti, dai nuovi impianti portuali in Sri Lanka e Myanmar alle linee ferroviarie ad alta velocità dalla Cina direttamente verso l’Europa occidentale e il Medio Oriente.

Resta il fatto che gli Stati Uniti d’America sono l’unica grande economia non rappresentata tra i partecipanti della nuova Banca di sviluppo e questo da solo è già una forte prova di cambiamenti nella bilancia del potere.

E’ solo una questione di tempo prima che le nuove istituzioni finanziarie nate nel calore di un mondo multipolare (di blocchi economici globali), come Aiib, Bank of Brics e Reserve Fund Brics, ma anche come la Banca del Sud Mercosur, occupino spazi che sono finora rimasti sotto il controllo delle istituzioni finanziarie nate dopo Bretton Woods (1944).

Stiamo assistendo forse al crollo delle vecchie e famigerate istituzioni finanziarie internazionali, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca Mondiale (Wb) guidati dalle grandi banche finanziarie private americane, responsabili delle scellerate politiche economiche neoliberiste, imposte in molti Paesi per promuovere la globalizzazione e garantire l’egemonia statunitense?

Il declino dell’impero finanziario degli Stati Uniti nel mondo è ciò che spiega, in certa misura, il cambiamento della politica estera degli Stati Uniti verso l’America Latina. Stati Uniti intendono “torcere il braccio” – per usare un’espressione di Obama – al Brasile, Argentina, Bolivia, Ecuador, Nicaragua e Venezuela per distruggere i suoi politici nazionalisti rivoluzionari, e i loro processi di integrazione, per espellere la Cina che sta guadagnando spazio nella regione in modo tale da conservare ciò che ha sempre considerato il suo “cortile di casa”.

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