Cronaca

G8, poliziotti condannati al risarcimento

Il G8 di Genova con la sua scia di sangue e di crimini commessi dalle forze dell’ordine su manifestanti non ha ancora finito di fare notizia. A quasi vent’anni dai fatti, la Corte dei Conti emette una sentenza che condanna al rimborso delle spese legali e dei risarcimenti; per i giudici la notte della Scuola Diaz fu il “sonno della ragione.”

G8Sono 27 gli agenti di polizia responsabili delle violenze perpetrate su gente inerme che si trovava a dormire all’interno della scuola messa a disposizione dal Genova Social Forum. Agenti che in barba ad ogni etica infangarono la divisa e l’istituzione della Polizia di Stato fabbricando prove false, dalle molotov fabbricate ad hoc sino al finto accoltellamento di un agente passato per eroe, che quella notte dettero adito alle sue più nefande fantasie abusando del potere che quella divisa gli consentiva.

Alti dirigenti, ispettori e semplici agenti sono stati condannati dalla Corte dei Conti al risarcimento di un danno erariale pari a due milioni e 800mila euro per danni materiali; vi è un’ulteriore condanna per cinque milioni di euro per il danno d’immagine causato che dovrà essere valutata entro il 22 Maggio dalla Corte costituzionale grazie ad un codicillo da azzeccagarbugli che consente di contestare il danno erariale solo per reati contro la pubblica amministrazione e non per imputazioni come il falso o lesioni gravi.

Al ministero dell’Interno e a quello di Grazia e Giustizia dovranno andare le spese legali dei tre gradi del processo penale e le provvisionali stabilite come risarcimenti alle decine di manifestanti inermi che vennero massacrati e arrestati con prove costruite ad arte. I fatti incresciosi della Diaz rappresentano un corto circuito nella traballante democrazia italiana.

I massimi vertici che organizzarono il massacro della Diaz hanno fatto carriera impunemente nonostante gli avvisi di garanzia e le condanne come Giuseppe Calderozzi, oggi il numero due della Dia; il comportamento degli imputati durante il processo è stato contrassegnato da impudicizia e menefreghismo che è quanto di più distante ci si aspetterebbe da chi indossa una divisa e come esempio basterebbe quello del rifiuto di massa, ad eccezione di Michelangelo Fournier, di deporre in aula durante il dibattimento, così come il rifiuto di manifestare il minimo segno di pentimento a dimostrazione del senso di impunibilità che regna all’interno dei corpi di polizia italiani, ultimo in ordine di tempo il caso Cucchi dove implicati vi sono i più alti vertici dell’Arma dei Carabinieri.

In un’Italia incapace di fare i conti con il suo macabro passato vi sono state carriere che sono andate avanti per i vent’anni successivi ai fatti di Genova: Pietro Troiani è capo di una delle centrali della Polstrada più importanti del territorio italiano così come Franco Gratteri che divenne nell’ordine questore, prefetto e capo divisione centrale sino ad arrivare alla meritata pensione. Questa gente farà ricorso in appello e se la sentenza verrà riconfermata si vedranno pignorare stipendi ed il quinto della pensione, i costi ricadranno quasi interamente sui cittadini italiani che delle forze dell’ordine dovrebbero fidarsi.

Il Sonno della ragione hanno affermato i giudici, un sonno che lasciò carta bianca alla polizia di uno Stato forse che mai come all’epoca si dimostrò così lontano dal concetto di democrazia.

di Sebastiano Lo Monaco

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