Ambasciatore russo: i possibili perché di un omicidio
L’assassinio dell’ Ambasciatore russo ad Ankara non ha smosso di un millimetro la convergenza d’interessi tattica fra Russia e Turchia, anzi. Putin ed Erdogan hanno mostrato una notevole freddezza nel gestire una crisi improvvisa, il cui obiettivo, anche troppo scoperto, era di ostacolare la crescente vicinanza fra i due leader.
E qui si viene al punto: le piste evocate sui mandanti per l’uccisione dell’ Ambasciatore russo sono diverse, ma la più solida, che fa coincidere indizi ed interessi in gioco, indica la matrice gulenista dell’attentato. Un’opinione condivisa non solo dai turchi, ma da diversi ambienti russi.
Altintas, l’attentatore, proveniva dall’accademia di polizia di Izmir, storico serbatoio di gulenisti, ma sono molti altri gli indizi che lo farebbero vicino alla Izmet, l’organizzazione di Fehtullah Gulen. Altre chiavi di lettura (vendetta dei terroristi o manovra di Erdogan per vendicarsi dello smacco in Siria) non reggono all’analisi dei fatti, soprattutto l’idea che la matrice possa partire da Ankara.
A differenza del novembre del 2015, quando a seguito dell’abbattimento del Su-24 russo voleva coinvolgere la Nato in uno scontro con la Russia nel tentativo di salvare i suoi sogni di gloria in Siria, adesso Erdogan, in una situazione ormai totalmente diversa, e mentre tenta di ritagliarsi un ruolo nel nuovo Medio Oriente che sta nascendo, non ha alcun interesse a provocare Putin, che può essere il suo unico garante.
Mentre l’ Ambasciatore russo veniva ucciso, il ministro degli Esteri turco Cavosoglu stava volando a Mosca per un vertice fra Russia, Iran e Turchia sulla Siria. Un vertice fortemente voluto proprio dai turchi, in cui si sarebbe parlato dei nuovi equilibri della Regione.
Tentare di sparigliare i giochi, assassinando l’ Ambasciatore russo, indirizza i sospetti verso chi da quei nuovi equilibri ha tutto da perdere: ovvero Gulen, ormai messo alla corde dopo le epurazioni successive al tentato golpe del 15 luglio, e la Cia, di cui Izmet è divenuta ormai una struttura satellite.
Il vertice di Mosca, a cui partecipano sia i ministri degli Esteri che della Difesa di Russia, Iran e Turchia, è destinato a suggellare la rappacificazione definitiva fra Putin ed Erdogan; in questa ottica, e con l’indispensabile mediazione russa, Ankara potrà trovare un accordo con Teheran sui vari contenziosi aperti dall’azione turca in Siria ed Iraq.
L’incontro non è che il logico sviluppo del patto a suo tempo dettato dalla Russia alla Turchia al momento del suo riavvicinamento a Mosca, e che ha permesso la rapida liberazione di Aleppo, altrimenti più lunga e sanguinosa: è a seguito di esso che Erdogan ha rinunciato alle sue mire, a lungo carezzate, sulla seconda metropoli siriana, riducendo drasticamente gli aiuti ai terroristi e spostando il grosso delle bande “ribelli” del Free Syrian Army (da lui totalmente controllate) dal fronte di Aleppo a quello contro i curdi delle Pyd.
In cambio ha ottenuto il tacito assenso di Damasco a lanciare l’Operazione Scudo dell’Eufrate, entrando in Siria ed infrangendo i sogni dei curdi (e degli Usa che li manovrano) di un’entità indipendente lungo tutto il confine turco.
Le pallottole che hanno ucciso l’ Ambasciatore russo erano destinate contro questo accordo: Aleppo riconsegnata ai siriani, i terroristi privati degli aiuti, ai turchi mano libera contro il Pkk e le sue filiazioni e la Russia come garante dei patti. Patti che adesso, con Aleppo libera, i terroristi in rotta e i curdi bloccati insieme ai disegni Usa, si dilateranno in un ridisegno complessivo dell’area, che vede emergere l’affermarsi dell’Asse della Resistenza come forza trainante della Regione.
Per questo, l’intesa con la Russia è preziosa per Ankara, è lo è anche per molte ragioni economiche sia nei riguardi di Mosca che di Teheran (vedi per tutte la possibilità di divenire l’hub energetico verso l’Europa), e non potrà essere l’uccisione dell’ Ambasciatore turco a bloccarla.
D’altronde, se quanto si va delineando è la completa sconfitta della politica di Obama, da molte avvisaglie sembrerebbe che la nuova Amministrazione Trump potrebbe, invece che contrastare, accostarsi all’asse Russia-Iran-Turchia, in chiave sia politica che degli affari (assai cara a Trump).
Senza voler fare dietrologia, l’uccisione dell’Ambasciatore russo potrebbe rappresentare anche un messaggio contro questo sviluppo, che sarebbe un colossale disastro sia per Riyadh che per Israele.
di Salvo Ardizzone