Africa

Sahel, alleanza Francia-Usa per controllo del Paese

Abbiamo già detto diverse volte come la Francia abbia l’interesse strategico a controllare il Sahel. Fra quelle pietraie c’è l’uranio per le sue centrali e molte altre risorse minerarie che da sempre Parigi considera cosa sua. Il fatto è che quella è una fascia di Stati semi–falliti, un paradiso per milizie armate e bande di predoni che controllano vasta parte di quei territori desolati per svolgervi ogni sorta di traffico e contrabbando: droga, armi, esseri umani e tutto ciò che possa far denaro.

La Francia è intervenuta molte volte per tamponare le crisi che vi scoppiano continuamente e mantenere al potere (almeno formalmente) i Governi che manovra per i propri interessi, da ultimo in Mali e Centrafrica.

Lasciando da parte la situazione centrafricana, che per le sue caratteristiche è un caso a parte, i centri attuali delle crisi dell’area si trovano in Mali ed ai confini con la Libia, dove la situazione è ormai completamente fuori controllo. Le missioni militari lanciate da Parigi hanno efficacemente contrastato le varie bande e milizie, ma hanno trovato un ostacolo nei confini formali fra i vari Stati, limiti che per predoni e guerriglieri non esistono; inoltre, per la Francia non ha alcun significato appoggiare singoli Stati con singole missioni: è l’intera area che deve controllare perché non collassi, con la facoltà di spostarsi liberamente da una Nazione all’altra a seconda dei propri interessi.

Ridispiegamento nell’area del Sahel

Per questo, dopo incontri con i vertici militari dei Paesi del G5 Sahel (Mauritania, Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso) è stata presa la decisione: sono cessate le missioni Liocorne in Costa d’Avorio, Epervier in Ciad, Sabre in Burkina Faso, Serval in Mali e sono state sostituite dall’Operazione Barkhane. Coinvolgerà almeno 3mila uomini della Legione e della Fanteria di Marina, con il consueto rinforzo di reparti delle Forze Speciali ed elementi della Division Action appartenenti alla Dsge (Servizi francesi esterni); il contingente sarà pesantemente dotato di veicoli blindati e di supporto aereo fornito da elicotteri e aerei d’attacco (Mirage e Rafale).

Il comando e le basi principali sono state poste in Ciad, sempre più considerato come il gendarme di Parigi. Da lì potranno controllare sia la frontiera sud libica, sia proiettarsi nel resto dell’area, ufficialmente affiancandosi ai reparti dei vari Stati del G5 ed alle inefficienti quanto costose missioni internazionali (vedi Minusma in Mali, lanciata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu per stabilizzare il Paese, a fronte di spese altissime e risultati prossimi allo zero malgrado i circa 12mila uomini su cui dovrebbe contare), nella realtà obbedendo agli interessi francesi… e non solo.

Pressione Usa nell’area

Gli Usa sono sempre più presenti nell’area con Africom, e già con l’Operazione Juniper Micron avevano resa possibile la missione Serval in Mali, trasportando con i propri aerei il grosso del materiale del contingente francese e fornendo informazioni preziose grazie ai propri droni, satelliti e aerei spia. Secondo l’attuale dottrina del Pentagono voluta da Obama, il lavoro “sporco” deve essere lasciato ai team delle Forze Speciali ed ai paramilitari della Cia. Su quel teatro non bastano, è troppo ampio, troppo pericoloso, servirebbero “scarponi sul campo” e saranno quelli dei Legionari e dei Fanti di Marina francesi. Gli Usa faranno la loro parte trasportandoli da una parte all’altra del Sahel, informandoli su tutto ciò che si vede dal cielo e mettendo a disposizione tutto il loro peso politico ed economico (per la cronaca, l’Amministrazione Usa ha operato un primo stanziamento, sia pur per adesso contenuto, a sostegno dell’Operazione Barkhane).

Sono due imperialismi che saldano una coincidenza d’interessi: il controllo e lo sfruttamento di un’area, l’esclusione di rivali da essa (leggi Cina in primis e poi Sud Africa), i maneggi per mantenere regimi “amici” (leggi assoggettati). Da tutto questo i Popoli sono come sempre esclusi.  

di Salvo Ardizzone    

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