Allarme Onu: civili usati come scudi umani a Mosul
Dall’inizio dell’offensiva contro l’Isis, le condizioni dei civili a Mosul sono sempre più allarmanti. Gli ultimi rapporti dell’Onu hanno denunciano le violenze subite dalla popolazione nelle zone coinvolte nei combattimenti di Mosul tra la coalizione irachena e lo Stato islamico.
Il 17 ottobre il primo ministro iracheno, Haidar al Abadi, ha affermato di voler attaccare la roccaforte irachena dello Stato Islamico, conquistata dai terroristi nel 2014. Di lì a poco è partita l’offensiva della coalizione guidata dall’esercito iracheno e composta da un’insieme eterogeneo di attori, tra cui i peshmerga curdi iracheni insieme a forze sciite.
A circa tre settimane dall’inizio degli scontri, il 4 novembre, l’Onu ha reso noto un rapporto dell’ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani (Ohchr) che denunciava il rapimento di 1.600 civili da parte dell’Isis, con lo scopo di utilizzarli come scudi umani per impedire i bombardamenti aerei.
Si tratterebbe di intere famiglie che, costrette a spostarsi dalla città di Hammam al-Alil a Tal Afar. Alcune sono state trasferite con la forza, ad altre era stata promessa la fuga verso la Siria.
Lise Grande, di Humanitarian Coordinator dell’Onu per l’Iraq, ha dichiarato che le Nazioni Unite guardano con preoccupazione all’evoluzione del conflitto in cui stanno morendo troppi civili, oltre che al reclutamento di bambini e l’utilizzo ella presenza di intere famiglie come arma di ricatto nelle zone dove i raid aerei sono più frequenti.
Ma le violenze non si sono esaurite. Con l’intensificarsi della lotta allo Stato islamico e la riconquista di alcuni villaggi circostanti come Hawijah al-Hassan o al-Razaqiyah, le rappresaglie contro i civili sono aumentate e, di conseguenza anche il numero degli sfollati.
Ad oggi sono circa 34mila le persone sfollate e sei i campi allestiti. Ma la situazione non sembra essere destinata a sbloccarsi rapidamente e sono già stati previsti altri 11 campi.
di Vincenza Lugnano