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Al-Qaeda nel Maghreb Islamico, i criminali che l’Occidente chiama “jihadisti”

di Salvo Ardizzone

Immaginate un gruppo criminale costruito attorno a un nucleo di capi, che s’allarga alle famiglie di sangue, agisce col supporto di manovalanza criminale e fiancheggiatori più o meno insospettabili, il cui unico fine sia fare sempre più soldi e potere. No, non stiamo parlando di Mafia o N’drangheta, parliamo di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim) e delle varie sigle create per convenienza dai vari sedicenti “emiri” che, dietro il paravento della lotta armata, perseguono i medesimi obiettivi dei mafiosi dopo aver trovato un’area ideale per conseguirli.

Il Sahel è una regione immensa che si estende dalle coste dell’Atlantico al Mar Rosso, fino al Corno d’Africa, e da poco sotto il Mediterraneo all’anticamera dell’Africa Nera; uno spazio enorme senza leggi, dove confini e Stati sono una finzione e l’unica autorità è quella delle cosche/katibe dei qaedisti. Una regione dove prosperano solo traffici criminali d’ogni tipo e i Governi sono una caricatura posticcia che conta meno che niente, i cui membri sono a libro paga degli “emiri” salvo essere spazzati via quando non servono.

I numeri di questa economia “nera” sono impressionanti: solo il traffico di esseri umani (migranti, ma anche donne e bambini da avviare alla prostituzione, all’accattonaggio e via via fino al traffico di organi che non è una leggenda metropolitana) genera affari stimati nel complesso in 34 (!) miliardi di dollari.

E c’è la droga che passa lungo la famosa “autostrada n. 10”, l’insieme di piste che dalla costa atlantica della Guinea-Bissau (da tempo un narco-stato a tutti gli effetti) giunge al Mediterraneo. Una via aperta ormai da anni dall’intraprendente Abdelkrim il Touareg, prima che fosse eliminato dai concorrenti, su cui viaggia un fiume di cocaina destinato all’Europa, il cui solo passaggio rende oltre un miliardo all’anno.

E poi il traffico di armi proveniente dai depositi saccheggiati in Libia dopo il 2011, secondo l’intelligence britannica fino a un milione di tonnellate, destinate ai gruppi criminali e terroristici di tutta l’Africa e non solo.

Neanche le Major del petrolio sono indenni, al contrario pagano (tanto) per la “protezione” e forniscono carburante che viene piazzato a prezzi maggiorati a chi non può fare a meno di comprarlo. Non c’è traffico o contrabbando che possa sottrarsi alla regola imposta dai tanti chekpoint che sbarrano le carovaniere del deserto, suddivisi sulla base di una puntigliosa spartizione territoriale, proprio come le zone d’influenza delle cosche. E quando occorre dare un avvertimento su chi comanda scatta un attacco, come quello spettacolare del gennaio del 2013 contro la raffineria algerina di In Amenas, risoltosi in una carneficina.

Le tante missioni Onu a sostegno di Governi virtuali quanto complici sono semplicemente inutili, ed i francesi della missione Barkane che spazia per il Sahel si limitano a proteggere gli interessi di Parigi (e le sue miniere di uranio), guardandosi da occuparsi d’altro. In questo scenario, personaggi come Mukhtar Belmukhtar hanno costruito imperi criminali che si estendono su aree vastissime in cui gli Stati non significano nulla, infischiandosene di qualunque legge non sia la propria.

Al-Qaeda nel Maghreb Islamico e le sue varie ramificazioni africane, l’Ansaru nigeriano e la stessa Boko Haram, Ansar al-Sharia in Libia, i vari “movimenti di liberazione” Touaregh che cambiano continuamente sigla, fino ad arrivare agli “Almoravidi” di Belmokthar, il più “disinvolto” di tutti, sono semplicemente gruppi criminali di stampo prettamente mafioso. Gruppi spesso in lotta fra loro per il controllo di un traffico o di una regione, i cui servigi sono contesi dai Servizi occidentali, di cui i mafiosi qaedisti non esitano a servirsi per facilitare un “affare” o eliminare un concorrente scomodo con una soffiata.

Fa specie vedere come media e commentatori, in mala fede e comunque disinformati, ammantino di motivazioni religiose le attività di quei criminali. Usare, anzi, abusare, del termine jihad riferito a questi personaggi è semplicemente errato quanto fuorviante, e serve solo alla facile quanto sbagliata omologazione fra Islam e terrorismo. È come assimilare al cattolicesimo le aberrazioni dei diversi boss di Mafia e N’drangheta.

In entrambi i casi, con buona pace di tanti sedicenti “esperti”, si tratta solo di delinquenti della peggiore specie.

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