Afghanistan, un Paese devastato: nel 2014 le vittime civili sono aumentate del 22%
Il numero delle vittime civili in Afghanistan, che è di fronte ad una crescente violenza dei talebani, è salito del 22 per cento nell’ultimo anno, lo riferisce l’Onu. L’incremento è dovuto alla lotta a terra intensificata, che ha portato ad un totale di 10.548 vittime civili lo scorso anno rispetto agli 8.637 nel 2013, secondo il “Rapporto annuale 2014 sulla protezione dei civili nel conflitto armato”, reso pubblico mercoledì scorso dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama).
Il numero totale delle vittime, uccisi o feriti, è il più alto registrato in un solo anno dal 2009, quando l’Onu ha iniziato a compilare i dati statistici. Da quell’anno, almeno 17.774 sono stati uccisi e 29.971 sono stati i feriti in Afghanistan, con un forte incremento anche di decessi di donne e bambini.
L’Afghanistan ha assistito ad una crescente ondata di violenza dal 2001, da quando gli Stati Uniti e i loro alleati hanno invaso il Paese nell’ambito della cosiddetta guerra di Washington al terrorismo.
Il 31 dicembre 2014 è terminata la missione della International Security Assistance Force, meglio nota come Isaf. Anche l’Italia ha partecipato alla missione dal 2003 e solo per la proroga da luglio al 31 dicembre del 2014 è costata al nostro Paese 185.082.639 euro, per 1.411 soldati, dislocati principalmente nella base di Herat e per il resto a Kabul.
Se nel 2011 il disimpegno delle forze internazionali in Iraq ha lasciato il Paese nel disastro, lo stesso scenario si teme anche per l’Afghanistan: dopo 13 anni di guerra e guerriglia talebana mai finita e che anzi, ad ogni attentato rinasce più forte dalle sue ceneri, è in preda ad una crisi economica e ad una forte instabilità politica perché da tre mesi non ha ancora un governo stabile. Il quadro umanitario rimane tragico, come risulta dall’ultimo rapporto dell’Unama.
E mentre la politica del paese vacilla nel suo ruolo, l’economia va peggio: devastato dalla guerra, la crisi non sembra vedere la fine. La missione Isaf nata nel 2001, che ha visto sul campo 130 mila militari da 50 Paesi, con 3.485 soldati morti sul campo, ha raggiunto i suoi obiettivi? Ha assistito il governo afghano nel mantenimento della sicurezza a Kabul e in tutto l’Afghanistan? Ha favorito lo sviluppo delle strutture di governo, ha esteso il controllo del governo su tutto il Paese, ha supportato gli sforzi umanitari, di risanamento e di ricostruzione dell’Afghanistan, contribuendo ad assicurare il necessario quadro di sicurezza agli aiuti civili apprestati dall’Unione Europea e dagli organismi internazionali?
Dal primo gennaio ha preso il via la missione Sostegno Risoluto (Resolute Support), sempre della Nato, per la formazione dell’esercito afghano: nel Paese resteranno 13.500 uomini che affiancheranno i 350 militari delle forze nazionali nel mettere un argine ai talebani, in quella fase che Washington descrive come “missione di supporto per un futuro migliore”.