Accordo fra Alitalia ed Ethiad, si chiude un’altra vergognosa pagina italiana
L’Ad di Alitalia, Del Torchio, e il Ceo di Ethiad, James Hogan, hanno firmato l’accordo fra le due società; la validità è subordinata alla sua approvazione da parte delle autorità della Ue. Si chiude finalmente una storia che s’è trascinata per troppo tempo fra vicende spesso imbarazzanti. È la fine inevitabile di una gestione “all’italiana” sistematicamente in perdita, fatta d’inefficienza, di sprechi spudorati, di clientelismi.
Tutti hanno responsabilità in quel disastro: la politica, che è corsa dietro la “bufala” del secondo hub internazionale a Malpensa, bruciando somme incredibili dietro quel sogno tanto a cuore all’”Asse del Nord”; un management che dire inetto è poco, capace di gonfiare a dismisura gli organici per favorire i protetti del potente di turno, ma non di far quadrare i conti con uno straccio di piano di rilancio; i sindacati (e lì sono tantissime le sigle), prontissimi a rivendicare ma indifferenti allo sfascio dell’azienda, nella convinzione dura a morire che, alla fine, avrebbe pagato “Pantalone” (ovvero lo Stato o chi per lui). Si chiude anche la parentesi ingloriosa dei “capitani coraggiosi” di berlusconiana memoria, reclutati in un’improbabile cordata a suon di contraccambi, per poter procedere nella sciagurata operazione Malpensa.
È finita. Sotto la cruda legge dei numeri, restano fuori i 2.251 esuberi, scesi nel frattempo a 2.171 perché 80 si sono già dimessi; per loro, mascherata sotto nomi altisonanti, si spalanca la precarietà, la totale insicurezza del domani.
Ethiad, dopo aver preteso chiarezza (e finalmente), ha costretto i vecchi soci a metter mano al portafoglio per un aumento di capitale da 300 ml, e le banche a rinegoziare il debito per 565 ml (per 2/3 cancellato e per 1/3 trasformato in azioni). Di suo mette 560 ml nel capitale sociale per il 49% delle azioni della nuova società che sostituirà la vecchia, e 690 ml (fra il 2015 e il 2018) per nuovi aerei e formazione del personale; ma soprattutto porterà finalmente un progetto: nuove rotte (in massima parte internazionali e più “paganti”) e nuova gestione (ed era ora).
È una vicenda che lascia l’amaro in bocca, un esempio di come in Italia siano state e siano ancora gestite troppe società vicine allo Stato, di come siano state e siano ancora bruciate colpevolmente somme enormi, per mantenere sprechi e inefficienze. Invece di correr dietro a pseudo riforme, è questo l’andazzo da colpire, è questo lo scandalo da eliminare.