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Acca Larenzia, “quello che non è stato mai detto”

Roma, 7 Gennaio 1978. Alle 18 e 23, un commando sbucato dal nulla apre il fuoco contro cinque ragazzi appena usciti da una sezione del MSI di Acca Larenzia. Perdono la vita due studenti, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. Gli altri tre giovani si salvano solo per miracolo. La sera stessa, a pochi metri dal luogo dell’agguato, scoppiano gravi disordini tra militanti di destra e forze dell’ordine. Viene ucciso un terzo ragazzo, Stefano Recchioni.

L’attentato è rivendicato dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, una sigla enigmatica che avrà vita effimera. Ha inizio una lunga scia di morte, disegnata nel tempo da vendette alla cieca e suicidi senza fine. Dopo 45 anni, l’eccidio del Tuscolano rimane senza colpevoli.

Ancora oggi i fatti di quella tragica sera di Gennaio sembrano avvolti in un alone di mistero che non accenna a diradarsi. Così come appaiono impenetrabili i segreti della mitraglietta utilizzata dagli assassini di Franco e Francesco. Ma è davvero impossibile fare luce sulla strage di via Acca Larenzia? È stata raccontata sino in fondo la storia della “Skorpion” assassina? È stato detto davvero tutto su quanto accadde quella notte di Gennaio? Esiste un filo rosso che lega questi fatti agli altri omicidi commessi a Roma negli anni settanta contro militanti di destra?

Risponde a questi interrogativi l’avvocato Valerio Cutonilli nel suo libro “Chi sparò ad Acca Larenzia?“. L’autore ha studiato il caso per diversi anni, consultando una vasta mole di documenti rimasti inediti sino ad oggi. La ricerca dell’autore, ampia e rigorosa, ha aperto squarci di luce su una delle pagine più buie della storia italiana. Per saldare un debito di verità rimasto insoluto per troppo tempo.

di Redazione

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