A Bruxelles l’ennesimo atto del dramma della Grecia
Nella notte fra martedì e mercoledì scorso, a Bruxelles è andato in scena l’ennesimo atto del dramma della Grecia; una vicenda che, malgrado non più al centro dell’interesse dei media, mantiene tutti i nodi irrisolti e la portata dirompente per quel disgraziato Paese e per l’Europa. Non è stato un confronto fra i Ministri delle Finanze europei e quello greco Tsakolotos, ma uno scontro fra il Fmi (e gli Usa) e la Germania su quello che è noto da molto tempo a tutti: l’insostenibilità del debito greco.
Secondo l’ipocrita quanto bugiarda tesi imposta da Berlino alla Ue, man mano che la Grecia procede nelle “riforme” l’Europa concede i propri aiuti; le “riforme” porteranno crescita, il Bilancio dello Stato verrà risanato e tutto miracolosamente si risolverà. Peccato che l’economia reale sia ormai un deserto e non si sappia come pagare un debito pubblico sempre più enorme, ormai per l’80% in mano alla Troika.
Da tempo è chiaro a tutti, anche a Berlino, che la Grecia è stritolata in una spirale perversa: la recessione in cui è sprofondata le impedisce di pagare le scadenza del debito, per avere aiuti per far fronte alle scadenze la Ue impone altre misure tossiche di “austerità”, che aggravano la recessione e distruggono quanto resta dell’economia, e così via.
Da tempo il Fmi (e Washington che lo controlla) preme per un taglio sostanziale del debito e uno slittamento delle scadenze, per rendere realistico un piano d’aiuti, scontrandosi con i veti di Berlino.
Non si tratta affatto di buon cuore contro calcoli economici errati, è un gioco esclusivamente politico: Schauble conosce perfettamente la situazione, ma continua ad ostinarsi con i suoi no perché accettare il taglio del debito greco non solo darebbe un colpo forse mortale alle politiche Ue costruite negli anni su misura per gli interessi della Germania, ma non sarebbe accettato dagli elettori tedeschi.
Per anni, per avere consenso, il suo Governo ha cavalcato la retorica contro le “cicale” mediterranee; adesso, i frutti avvelenati di quel populismo ottuso vengono colti a piene mani da AfD, il partito di ultradestra che è esploso alle ultime elezioni. Merkel non può permettersi cedimenti, pena essere spazzata via con la sua coalizione di Governo alla prossima tornata elettorale.
Il Fmi, che di problemi elettorali non ne ha e neanche di credito, visto che quello greco è non solo di gran lunga il più limitato fra i componenti della Troika, ma passa dinanzi agli altri perché è considerato “senior”, vale a dire che è in ogni caso da rimborsare, può permettersi facilmente di fare il generoso per centrare il proprio obiettivo: ridimensionare lo strapotere tedesco in Europa, che ostacola una colonizzazione economica oltre quella politica che c’è già.
D’altronde Berlino ha assoluto bisogno del coinvolgimento del Fmi, per dimostrare al proprio elettorato che i “fannulloni” greci non sono stati salvati solo dai soldi della Ue, e dunque non può tirare troppo la corda.
Il risultato è stato il solito ignobile compromesso sulle spalle del Popolo greco: malgrado un impegno formale ad esaminare la sostenibilità del debito greco (per la prima volta seriamente ufficializzato), non ci sarà nessuna ristrutturazione fino al 2018, quando si terranno le elezioni tedesche temute dalla Merkel. Dopo, si dovrebbe giungere ad una moratoria sia sugli interessi (che verrebbero anche tagliati) che sul debito stesso, magari non fino al 2040, come chiesto dal Fmi, ma certo per molti anni, e le rate dovrebbero essere alleggerite spalmandole nei decenni successivi (si parla fino al 2080).
Nel frattempo, la Grecia dovrebbe essere mantenuta in vita fra ulteriori tagli alle spese, tassazioni e prestiti per pagare il debito, permettendo a fondi internazionali e sovrani, multinazionali e speculatori vari di comprare a prezzi di realizzo tutto quello che vale o che può rendere, lasciando il Paese privo di ogni infrastruttura o attività produttiva seria.
Il Sistema greco era inefficiente, corrotto, con un’evasione che faceva impallidire quella italiana, ma ora, invece di cambiare è stato distrutto scaricando il peso del disastro soprattutto sulle fasce più deboli e facendo esplodere povertà e diseguaglianze. Al Popolo, che è stato ingannato prima da una classe politica indegna e poi dalle promesse bugiarde di Tsipras, non restano che macerie e miseria.