Hiroshima e Nagasaki, la fine di un mondo
Quando a Hiroshima il sole cadde sulla terra non fu solo la fine di un mondo, quello della strategia militare basata sulle armi convenzionali, ma l’innesco ad un altro mondo contenente i germi della possibile fine della civiltà umana, la sopravvivenza stessa della specie.
Era il 6 agosto 1945, la prima volta che si usava sul nemico la bomba atomica, che uccise circa 140mila persone per un danno diretto e per le ricadute radioattive. Altre 80mila vite furono falciate il 9 agosto da una seconda bomba atomica sganciata su Nagasaki.
Hiroshima ricorda quel giorno ogni anno con una solenne cerimonia davanti al Memoriale della Pace, il Ganbarimasu, la Cupola della Bomba Atomica, simbolo di una tragedia nazionale, il cui museo comprende le immagini strazianti della distruzione e mostre scioccanti, tra cui gli abiti strappati di bambini morti e la pelle, le unghie, lingue deformi e altri esempi orribili dell’esposizione all’esplosione e alla sua radiazione residua.
Le cicatrici di Hiroshima
Gruppi di superstiti giapponesi hanno condotto una campagna per decenni per portare alti funzionari provenienti dagli Stati Uniti e da altri stati forniti di armi nucleari, per mostrare le cicatrici di Hiroshima, come parte di un movimento di base per l’abolizione delle armi nucleari. Per molti anni, alti funzionari degli Stati Uniti hanno evitato di andare a Hiroshima a causa delle sensibilità politiche. Molti americani credono ancora a 78 anni di distanza che i bombardamenti atomici nell’agosto del 1945 fossero giustificati e che hanno accelerato la fine della guerra.
Per i giapponesi quei bombardamenti non erano giustificati. La storia ha dimostrato che il Giappone era pronto ad arrendersi, che il lancio delle bombe non era necessario e che sono state sganciate più per scoraggiare gli avversari e mostrare un atto di forza, o forse come suggerisce un cartello esplicativo montato sul muro del Museo di Hiroshima – gli Stati Uniti hanno usato l’arma sulla popolazione giapponese, per giustificare gli enormi costi straordinari nello sviluppo del Progetto Manhattan.
È stato John Kerry il primo segretario di stato americano a visitare il Memoriale della Pace e il Museo, quando il 10 aprile 2016, insieme ad altri ministri degli Esteri del gruppo G7, si è recato al sito, patrimonio dell’umanità, dedicato alle vittime della bomba nucleare sganciata dagli americani su Hiroshima. Di scuse, a 78 anni dall’eccidio, nessuna traccia.
di Cristina Amoroso