Taranto, 60 milioni di euro per bonifiche “invisibili”
La martoriata città di Taranto torna alla ribalta con la questione delle bonifiche “invisibili” costate la bellezza di 60 milioni, ma stando a quanto riferito dagli abitanti di Taranto non sarebbero servite a nulla.
Vi è un nome ben preciso da segnalare ed è quello di Vera Corbelli, commissaria straordinaria per le bonifiche, che ha apposto la sua firma su studi e progetti, ha formato protocolli d’intesa e distribuito fiumi di denaro. L’autorità portuale, da sola, ha ricevuto 18 milioni di euro. I lavori compiuti? Le scuole al rione Tamburi, i rifiuti nel Mar Piccolo e la messa in sicurezza dell’ex Cemerad dove si trovano i rifiuti radioattivi. La difesa della Corbelli è che ha preferito studiare in modo multidisciplinare i danni causati dall’inquinamento per trovare soluzioni efficaci.
Otto anni, tanti ne sono passati da quel 26 luglio del 2012 quando il Gip, Patrizia Todisco, firma il provvedimento di sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, mettendo in atto delle misure cautelari per alcuni indagati nell’inchiesta per disastro ambientale. Otto anni di promesse che sono evaporate come i fumi dell’Ilva nel cielo di Taranto, di escamotage giuridici, di fantomatici piani di rilancio e mancate svolte ambientaliste.
A Taranto si continua a morire in silenzio
Si sono contrapposti due mondi, lontani e inconciliabili: da una parte una visione, un progetto dall’altra la realtà crudele che contraddistingue l’Ilva e la città di Taranto, Il dilemma sulla bonifica sta tutto qui. Da un lato Vera Corbelli, la commissaria straordinaria per le bonifiche nominata dal governo di Matteo Renzi nell’estate 2014 e confermata dal primo governo Conte nell’estate scorsa, dall’altra gli operai e gli abitanti del capoluogo jonico, dilaniato dal dilemma salute-lavoro. In questi anni Vera Corbelli ha speso oltre 60 milioni di euro, ma a Taranto si continua a morire in silenzio.
Vi è un divario immenso tra quello che è stato studiato e quello che i cittadini vedono realizzato, un divario esplicabile solo se si conoscono le dinamiche del gioco. “Potevo semplicemente bonificare i siti indicati dal ministero con interventi veloci e mirati, ma non avremmo risolto gli atavici problemi di Taranto. Ho scelto di studiare in modo multidisciplinare i danni causati dall’inquinamento per trovare soluzioni efficaci e garantire al territorio la possibilità di produrre anticorpi che possano domani evitare il ritorno a queste drammatiche condizioni”, afferma Vera Corbelli.
Quello di Taranto è un territorio massacrato da più fattori: emissioni dell’acciaieria, danni creati dalla marina militare e dai privati che hanno sotterrato tonnellate di rifiuti pericolosi che sono arrivati a lambire la falda acquifera con la famosa “bomba Cemerad”, un capannone dove sono stipati migliaia di fusti radioattivi.
Fiumi di denaro
Corbelli ha firmato decine e decine di protocolli di intesa con gli enti pubblici e sostenuto una serie di progetti distribuendo fiumi di denaro. Tra il 2017 e il 2018, per fare qualche esempio, sono stati trasferiti all’Autorità Portuale di Taranto ben 18 milioni di euro. Altri 2 milioni di euro sono finiti nelle casse del Comune ionico. E poi oltre 700mila euro all’Università di Bari, altri 660mila euro al Politecnico. Complessivamente le risorse a disposizione del commissario ammontano a 214 milioni di euro di cui il 99% è già stata impegnato. Le risorse già trasferite sono ben 138 milioni di euro e quelle già liquidate superano di poco i 64 milioni di euro. Insomma tanti soldi che, però, agli occhi dei tarantini non sono serviti a nulla.
Ma c’è qualcosa che rende orgogliosa la Corbelli ed è lo smantellamento della “Bomba Cemerad”. La bomba ecologica che aveva portato a Statte, comune alle porte di Taranto, i fusti contenenti materiale radioattivo e poi sorgenti e filtri industriali che contenevano polveri provenienti dalla nube radioattiva di Chernobyl. Un’operazione che oggi è al 90% del suo completamento. Oggi, il deposito è insicurezza e sono stati allontanati oltre 12mila fusti di circa 16.500. Intanto, i martiri di Taranto aspettano ancora Giustizia.
di Sebastiano Lo Monaco