Il Supreme Electoral Tribunal della Bolivia (Tse) ha confermato ieri la vittoria del presidente Evo Morales alle elezioni presidenziali di domenica. Il presidente del Tse, Maria Eugenia Choque, ha reso noti i risultati delle elezioni in una conferenza stampa a fianco dei giudici elettorali dopo la conclusione del conteggio finale di quasi il 100% delle votazioni.
Morales, candidato del partito Movimento verso il socialismo (Mas), ha ottenuto il 47,08 per cento delle votazioni. L’ex presidente Carlos Mesa del Partito conservatore dei cittadini è arrivato secondo con il 36,51 percento dei voti. Per vincere a pieno titolo, la legge boliviana richiede che un candidato ottenga più del 50 percento dei voti o più del 40 percento dei voti con un vantaggio del 10 percento sul rivale più vicino. Choque ha sottolineato l’affidabilità e la trasparenza dei risultati e ha invitato organizzazioni e cittadini internazionali a verificarne i risultati. Morales ha avvertito mercoledì che era in corso un colpo di stato di destra con sostegno straniero, mentre i manifestanti contestavano i risultati delle elezioni generali.
Morales e il miracolo bolivariano
Quando fu eletto Presidente per la prima volta, nel 2006, era considerato un personaggio folcloristico, ma ai santoni dell’economia a senso unico ha risposto con i fatti. In un continente devastato dalla crisi (Argentina e Venezuela sull’orlo del collasso e il gigante Brasile in affanno) la Bolivia ha segnato costanti miglioramenti. Ha esportazioni di circa il 30% superiori alle importazioni; un debito pubblico intorno al 35% del Pil, riserve in oro e valute pregiate pari a circa la metà del Pil e bilancio in pareggio. Numeri lunari per l’Eurozona. La disoccupazione, che nel 2012 era al 7,5%, partita da percentuali assai alte è da anni in costante diminuzione.
Il fatto è che le nazionalizzazioni hanno avuto successo pieno e le risorse ricavate dallo Stato sono state redistribuite attraverso numerosi programmi sociali mirati, che hanno ridotto notevolmente le sacche di povertà (che erano enormi) e messo in moto i consumi. In fondo è stata una ricetta semplice come il buon senso, quello che i soloni liberisti continuano a rifiutare ottusamente. ma si sa, hanno molte, moltissime ragioni per farlo, sarebbe la fine del loro mondo e del loro potere.
di Giovanni Sorbello