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Elezioni europee, Salvini detta le condizioni

Non avevo nemmeno finito di ringraziare la Madonna e baciare il crocefisso per la clamorosa vittoria della Lega alle elezioni europee del 26 maggio, che già era il leader del Carroccio Matteo Salvini, metteva in riga gli alleati di governo iniziando a dettare le condizioni per un nuovo corso dell’azione politica dell’esecutivo.

Dall’alto del suo 34% il vicepremier leghista, individua subito i punti specifici dell’intervento, quella Flat Tax e quella Tav che da mesi sono sul tavolo di trattativa estenuanti e bracci di ferro a colpi di minacce ed ultimatum.

La scelta tiene oltre il 50%, anche se adesso i rapporti di forza sono ribaltati.
Le analisi politiche post voto sono, come sempre le più disparate e cervellotiche, anche se da parte del M5S sembra esserci una diffusa diffusione sul tracollo e sulle reali responsabilità riconducibili ad esso.

Chi sembra essere rinato dalla caotica tornata elettorale delle elezioni europee è quel Pd che, nonostante tutto tiene il passo e riesce a raggiungere un insperato 22%, sorpassando il M5S, che con il suo 17%, ha tenuto definitivamente atto del proprio suicidio politico.

Sul banco degli accusati proprio quel Luigi Di Maio, reo di aver lasciato troppo campo all’azione del partner di governo, al netto delle falle comunicative che hanno reso la campagna elettorale del Movimento una discesa verso gli inferi della sconfitta.

In attesa di un riassetto profondo ed incisivo dei vertici pentastellati, il senatore Primo Di Nicola, ha già rassegnato le proprie dimissioni da vicecapogruppo M5S al Senato, motivandole come una scelta atta a favorire una “discussione democratica” sul futuro politico del Movimento.
Finora nessuno dei capintesta grillini ha chiesto apertamente la testa di Di Maio, ma già dalle dichiarazioni del senatore Gianluigi Paragone, il quale ha chiesto a Di Maio di non avere quattro cariche per garantire maggiore presenza, si evince una profonda messa in discussione della leadership politica dell’attuale vicepremier e Ministro del Lavoro.

Il governo da gialloverde si è, nel giro di una domenica, ribaltato in governo verdegiallo, con tutte le conseguenze, non solo di carattere cromatico, che ne conseguiranno, con una decisa svolta a destra nella gestione delle politiche interne ed estere, in un panorama europeo che oramai sembra essere dominato dallo scetticismo, dalla rabbia e dal populismo più umorale.

Una sferzata d’aria gelida che soffia su quella che si preannuncia come una delle estati più tormentate da quando la realtà dell’Unione Europea ha visto la luce.

di Massimo Caruso

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