Elezioni Usa: come cambia la politica estera statunitense
A seguito delle elezioni di metà mandato tenutesi il 6 novembre negli Stati Uniti, i Democratici hanno ufficialmente preso il controllo della Camera dei rappresentanti (House of Representatives), con 223 deputati, contro i 197 del Partito Repubblicano. Non succedeva dal 2011.
La vittoria dei Democratici alla camera significa che, da oggi, la componente democratica potrà determinare e influenzare massicciamente le scelte politiche riguardanti le spese e le legislazioni da attuare, nell’ambito di una aperta sfida alla agenda estera del presidente Trump. Dovrà confrontarsi con un Senato ancora saldamente in mano repubblicana (51 seggi su 100 sono stati conquistati dal “partito dell’elefante”) per approvare qualsiasi progetto di legge. La forza dei Dem si esplicherà nella possibilità di supervisionare i lavori dei senatori, richiedere interrogazioni e, se necessario, emettere mandati di comparizione di testimoni in aula, mentre continueranno a presiedere commissioni di nodale importanza quali quelle legate alle Forze Armate, agli Affari Esteri e all’Intelligence.
Chuck Schumer, senatore di New York ed esponente della minoranza, ha rilasciato un’intervista al Jewish Insider, rispondendo alle critiche che vedono i nuovi senatori Dem quali protagonisti di una “ondata anti-israeliana”, affermando che: “I Democratici sono e rimarranno fortemente a favore di Israele”. L’ostilità verso l’Arabia Saudita, sulla scia dell’uccisione del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, avvenuta presso il consolato saudita di Istanbul, è stata riaffermata assieme alla ferma condanna verso i bombardamenti sui civili in Yemen.
La Camera guidata dai Democratici voterà provvedimenti a favore del blocco totale degli accordi concernenti la vendita di armamenti a Riyadh, rendendo difficile, inoltre, l’approvazione di un accordo sull’energia nucleare con il regno degli Al-Saud e la concessione di supporti logistici tesi a finanziare la campagna contro lo Yemen.
I Democratici sono intenzionati a fare chiarezza sugli ambigui rapporti tra la presidenza Trump e la Russia e sugli incontri tra il tycoon e il leader nordcoreano Kim Jong Un, alla presenza del Segretario di Stato Pompeo, timorosi di possibili accordi destinati a legittimare e concedere facilitazioni a Kim. Sul fronte cinese, i Democratici terranno più interrogazioni e richiederanno ulteriori briefing, senza però determinare una sostanziale svolta nei rapporti tra Washington e Pechino.
Finché i Repubblicani manterranno la presidenza del Paese, sarà arduo per l’opposizione ripristinare gli accordi sul nucleare sottoscritti dall’amministrazione Obama con la Repubblica Islamica iraniana nel 2015.
di Vanni Rosini