Forteto: “La coop degli orchi”
Nei giorni scorsi, l’apparizione di una notizia su qualche quotidiano avrà senz’altro colto di sorpresa molti lettori, suscitando in loro rabbia e sgomento. Il contenuto riguarda una località di nome Forteto, ignota all’italiano medio, specialmente a chi vive al di fuori dei confini toscani. Facendo una ricerca in Rete, tuttavia, si apprendono diverse informazioni, utili a capire che le notizie agghiaccianti riportate di recente sulla stampa, non fanno altro che svelare qualcosa che in tanti già sapevano da anni.
La “comune” del libertinaggio
È stato costituito anche un comitato per denunciare che il Forteto, apparentemente una serena azienda agricola del Mugello nata nel 1977, è stato un ricettacolo di delinquenti e pervertiti, riuniti in una setta dedita, più che alla mungitura delle vacche e alla coltivazione dei campi, agli abusi sessuali nei confronti di minori e di animali. Sono le stesse vittime, coloro che hanno costituito questo comitato, a togliere il velo romantico della “comune” fiorita sul terreno degli ideali sessantottini. Comunitarismo anarchico, recisione d’ogni legame con la tradizione, con la famiglia, rifiuto della società borghese. Sogni del pensiero libertino che, nei fatti, si traducono in un orripilante incubo. Un laboratorio progressista intento a scardinare l’ordine naturale delle cose, dove chi ci finisce dentro viene plagiato, vessato e persino violentato.
Il sistema di potere
Impressiona che questo vero e proprio lager di nome il Forteto sia stato incensato per anni dall’intellighenzia rossa. Ma ciò che più sbigottisce non è tanto l’applauso convinto di quegli illusi discepoli da salotto del “sol dell’avvenire”, quanto le coperture e i finanziamenti garantiti al Forteto da parte dei “compagni” che occupavano i posti di potere della politica. Soltanto tra il 1997 e il 2010 la Regione Toscana, mentre nelle proprie Asl andava dilatandosi un grosso buco di bilancio, ha elargito a questa comunità oltre 1,2mlioni di euro.
Processi, condanne, coperture e malelingue
Se non fossero sopraggiunti – come testimoniano i membri del Comitato Vittime del Forteto – intralci sospetti al lavoro di qualche magistrato di buona volontà, forse le attività di cui sopra sarebbero state interrotte a suo tempo, risparmiando a tanti ragazzi nel corso degli anni le sofferenze patite in quel lager. Appena un anno dopo la fondazione del Forteto, il giudice Carlo Casini arrestò il suo fondatore, Roberto Fiesoli, per violenza sessuale. Nel giugno 1979 venne però scarcerato, e il giorno stesso il giudice Giampaolo Meucci, padre del diritto minorile italiano, gli affidò un bambino con sindrome di Down. Già, perché a questa comunità situata tra le colline toscane, venivano abitualmente affidati da magistrati complici, o quantomeno negligenti, minori affetti da problemi o reduci da esperienze violente.
Sei anni dopo, nel 1985, un altro processo. Stavolta, sembrava proprio dovesse esser posta la parola fine all’incubo del Forteto. I due guru della setta, Fiesoli e Goffredi, vennero infatti accusati e condannati per diversi capi d’imputazione fra cui atti di libidine violenta, corruzione di minorenne e sottrazione consensuale di minore, questo “dopo aver scardinato, ricorrendo a forme di convincimento ossessive, aggressive e umilianti, ogni preesistente valore e le figure parentali, in modo da renderli del tutto dipendenti da loro, costretti ad accettare e a praticare il regime di vita da loro imposto e caratterizzato da promiscuità assoluta tra persone della stesso sesso, pratica dell’omosessualità, messa a disposizione della cooperativa di ogni risorsa”. Neanche stavolta, però, si riuscì a interrompere l’attività della setta. Giampaolo Meucci, ancora lui, permise al Forteto di “accogliere” altri 58 minori con disagi d’ogni sorta anche dopo quella pesante condanna, ritenuta dal giudice fiorentino una macchinazione orchestrata da magistrati suoi rivali. Fiesoli – a quanto oggi racconta un ex ospite del Forteto – parlò espressamente di una congiura nei suoi confronti da parte di “fanatici cattolici”. Un’idea, quella della persecuzione moralistica, del resto, che serpeggiava diffusamente. A rivelarlo, oggi, è un ex funzionario Asl, Marino Marunti, che dice: “Ci fu una presa di posizione di una certa parte culturale di Firenze che cominciò a dire: sì, la sentenza c’è stata, però è stato un errore perché ci sono state malelingue…”.
I racconti agghiaccianti
Adesso uno spiraglio di luce sembra finalmente essersi posato sulla vicenda. Il tempo delle coperture da parte dei piani alti della politica e della magistratura appare superato; più che le lingue, ora, a far male è la relazione pubblicata da una commissione d’inchiesta creata dalla Regione Toscana nel giugno scorso, poco dopo l’ultimo arresto di Fiesoli per atti di pedofilia e zoofilia. Emerge che il Forteto, oltre a una proficua fattoria con un centinaio di dipendenti, è stata anche una comunità ove “l’abuso risulta essere la prassi”, “i rapporti eterosessuali chiaramente osteggiati” e “l’omosessualità non solo permessa ma incentivata, percorso obbligato verso quella che Fiesoli definiva liberazione dalla materialità”. Un contesto in cui – come raccontano le vittime degli abusi – “qualunque comportamento, qualunque gesto, tutto viene ricondotto al sesso, alle fantasie sessuali”, con i “minori che spesso divenivano o continuavano a essere prede”. E ciò “col consenso non solo collettivo, ma anche dei genitori affidatari”. Di più: si racconta di “abusi sessuali sui ragazzi da parte dei genitori affidatari, siano essi uomini o donne, e di un atteggiamento compiacente nei confronti delle “strane” attenzioni del Fiesoli sui ragazzi”. Un ex abitante del Forteto riavvolge il nastro orribile della sua memoria: “Io non ce la feci più e fuggii dopo aver assistito a scene incredibili di cinismo, quando al figlio disabile di un magistrato facevano mangiare l’insilato di mais. Lui vomitò, glielo fecero ingoiare di nuovo. E allo stesso ragazzo ogni tanto davano una bastonata in testa, o lo tingevano di rosso per metterlo nel recinto tra gli arieti”.
Il processo
“È un processo unico nella storia della nostra Repubblica per la durata e la gravità dei fatti contestati”, ammette il procuratore aggiunto Giuliano Giambartolomei. “Dobbiamo capire come è possibile che tutti si fossero convinti dell’eccellenza del Forteto, che persone di quel tipo siano state trasformate in esempi per l’educazione dei giovani con tanta disinvoltura. Al dibattimento si scoprirà la vera storia del Forteto”, gli fa eco il sostituto procuratore Ornella Galeotti. Un auspicio che condividono in tanti, poiché, se è vero che la Regione Toscana ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo, è anche vero che per anni il Forteto è stato l’oggetto della protezione e degli onori del mondo politico di cultura progressista. Un esempio esplicativo? Nel febbraio 2010 il gruppo Pd al Senato presentò il libro dello stesso Fiesoli, “Una scuola per l’integrazione”.
I nomi degli amici del Forteto
L’ingresso del libro di Fiesoli in un’aula parlamentare non è un caso isolato di connivenza politica e istituzionale. Dalle parti di quella cooperativa agricola, alle porte di Firenze, negli anni sono passati decine e decine di politici, magistrati, medici; tutti uniti dalla smania di rivolgere ossequi al Forteto. Nella commissione d’inchiesta si fanno i nomi di Piero Fassino, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, il giustizialista Antonio Di Pietro (che ha scritto la prefazione di un libro di Fiesoli, nonostante la condanna per pedofilia di quest’ultimo fosse già passata in giudicato), Tina Anselmi. Sergio Pietracito, presidente della Comunità Vittime del Forteto, durante una trasmissione di una tv locale, ha aggiunto all’elenco Claudio Martini, ex presidente della Toscana, Michele Gesualdi, allievo di don Milani ed ex presidente della Provincia di Firenze, Alberto Cecchi, ex deputato comunista e membro della commissione parlamentare sulla P2, la femminista Vittoria Franco, senatrice Pd, e anche l’ex sindaco di Roma e candidato alla presidenza del Consiglio, Walter Veltroni. Uno dei visitatori, Alex Zanotelli, prete comboniano e fondatore della Carovana della Pace, ebbe a dire che al Forteto “più famiglie alla luce del Vangelo vivono controcorrente”.
E ora che il coperchio sarà tolto?
Gli imputati sono 22, per loro è stato chiesto rinvio a giudizio per reati di abuso sessuale e maltrattamento di minori. “Sarà un dibattimento drammatico e complesso, ma che scoperchierà tutto”, spiegano gli inquirenti. È da anni che attendeva questo momento il presidente del Comitato Vittime del Forteto, Sergio Pietracito, che afferma: “Sta emergendo la verità, è quello che volevamo. Ed è significativo che la relazione sia stata approvata all’unanimità, e integralmente”. Chissà se la stessa soddisfazione sta pervadendo anche gli animi di tutti quei politici, quei magistrati, quei medici che il Forteto lo hanno frequentato e che, fino ad oggi, ne hanno tessuto le lodi.
di Federico Cenci