Stefano Cucchi venne massacrato dai Carabinieri
Il caso Cucchi inizia a svelare la verità atroce che tutti sapevano ma che le carte processuali tardavano a rivelare, soprattutto per la reticenza dei protagonisti: furono i Carabinieri gli autori del pestaggio al giovane geometra, pestaggio che lo portò alla morte dopo il ricovero all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Verità che è venuta a galla grazie alle testimonianze di due Carabinieri che quella sera videro e sentirono quello che era successo; sono un uomo ed una donna i due militari dell’arma che hanno condiviso la conoscenza di un segreto terribile e terrificante; i loro colleghi e superiori hanno massacrato Stefano Cucchi cercando di depistare il loro operato facendo ricadere la colpa sulla Polizia Penitenziaria.
I due militari che hanno deciso di testimoniare sono del tutto estranei al pestaggio del giovane, parlano tra di loro, sono marito e moglie, non si riconoscono nell’operato dei loro colleghi e decidono di testimoniare; iniziano le minacce da parte di altri Carabinieri, nel miglior stile malavitoso i due vengono insultati, impauriti affinché evitino di raccontare quanto sanno, affinché evitino il contatto con la sorella di Cucchi che sta smuovendo mari e monti per arrivare alla verità dei fatti, i due Carabinieri hanno un alto onore della divisa e per loro una divisa che uccide non deve rimanere impunita.
Da qui nasce una nuova storia che emerge in tutto il suo orrore in questi giorni in modo plateale durante l’udienza per la morte di Stefano Cucchi; il processo bis davanti alla I Corte d’Assise del Tribunale di Roma che vede questa volta imputati non i poliziotti della penitenziaria, scagionati nel primo processo, ma cinque carabinieri allora in forza alla stazione di Tor Vergata, tre dei quali sono ora accusati di omicidio preterintenzionale. I due carabinieri che hanno testimoniato contro i loro superiori di allora si chiamano Riccardo Casamassima e Maria Rosati e sono in effetti i due testimoni chiave che hanno consentito ai Pm di riaprire il caso Cucchi.
Casamassima ci tiene a non passare per eroe; egli afferma che inizialmente la vicenda di Stefano Cucchi non lo aveva coinvolto in prima persona, a far cambiare idea al Carabiniere sono gli atteggiamenti tenuti dai suoi colleghi e dai suoi superiori: “Troppe cose fatte dai miei superiori non mi erano piaciute, come l’abitudine di falsificare i verbali e di coprire gli autori di illeciti. E vergognandomi di ciò che sentivo e vedevo, ho deciso di testimoniare”. In realtà gli ci sono voluti anni di angherie, di notti insonni e tormentate per sconfiggere quel balordo spirito di corpo che diviene omertà in molti casi.
Ha deciso di vuotare il sacco, come suol dirsi, di rompere una volta e per sempre la congiura del silenzio durata anni, la paura di ritorsioni, che del resto erano già state usate per metterlo alle strette, screditarlo, impedirgli di parlare ai magistrati.
Cosa successe a Stefano Cucchi quella sera dell’Ottobre 2009
Cosa succede quella sera di metà Ottobre del 2009? È lo stesso Casamassima a ricostruire i suoi ricordi sull’accaduto: Il maresciallo Roberto Mandolini entrò nella caserma di Tor Vergata, e prima di andare a rapporto dal comandante Enrico Mastronardi disse «che c’era stato un casino, un ragazzo era stato massacrato di botte dai ragazzi». Il ragazzo massacrato era il 32enne Stefano Cucchi, mentre per i massacratori il termine «ragazzi» sta ad indicare, spiega, che si trattava «dei nostri», carabinieri dunque. Questo sentì il carabiniere Casamassima.
Poi Maria Rosati, all’epoca appuntato gli raccontò di una conversazione ascoltata da lei tra il comandante della stazione e il maresciallo Mandolini. Maria – ha raccontato Riccardo Casamassima – mi rivelò che Mandolini e Mastronardi stavano cercando di scaricare le responsabilità dei carabinieri sulla polizia penitenziaria. Lei stava lì perché fungeva da autista del comandante e capì il nome “Cucchi”, ma visto che la vicenda non era ancora nota, deduco che quando ci fu questo colloquio il ragazzo fosse ancora vivo.
Stefano Cucchi morirà il 22 Ottobre 2009 all’ospedale Pertini, sei giorni dopo l’arresto, il pestaggio e le percosse. La sorella Ilaria dopo l’udienza punta il dito verso il maresciallo Mandolini e senza mezzi termini afferma che è lui il principale responsabile di quanto accaduto; lo stesso Mandolini che nel primo processo parlò di aver trascorso una piacevole serata, quella sera di metà Ottobre e che Stefano Cucchi era stato anche molto simpatico. Adesso le dinamiche sono cambiate, adesso ci sono due Carabinieri che hanno cambiato la storia sulla morte di Stefano Cucchi.
di Sebastiano Lo Monaco