Haters, la rete a mano armata
Affermava Bertand Russell che poche persone riescono a essere felici senza odiare qualche altra persona, nazione o credo. Ebbene, secondo questo assunto, quello degli haters dovrebbe essere un popolo estremamente felice nonché in florida espansione. Leoni da tastiera li chiamano, la mano armata della rete, capaci di dar vita ed alimentare fenomeni che vanno dalla scaramuccia a corredo di un post a vere campagne d’odio e diffamazione su vasta scala.
Termini come cyberbullismo, shitstorm o mailbombing sono tristemente entrati a far parte del linguaggio quotidiano e rappresentano altrettanti aspetti di una fenomenologia obliqua ed eterogenea in grado di coinvolgere personaggi noti o gente comune. Un coinvolgimento che, oramai da qualche tempo, ha valicato le soglie dell’etere per approdare con tutta la sua criticità nella vita reale, con tutte le implicazioni sociali e giuridiche del caso.
Non si contano più le indagini e le cause scaturenti da atti di violenza verbale, diffamazioni e minacce che hanno sconvolto le esistenze delle vittime, portandole a gesti estremi.
Ma i più determinati e temerari hanno deciso che era il momento di muoversi e hanno denunciato e fatto smascherare i leoncini che, lasciati gli artigli sulla tastiera, si sono trovati nudi ed indifesi, avvolti solo dalle bende lerce della propria meschinità, alle prese con la realtà, quella non fatta di pixel e schermi retroilluminati.
Spersonalizzazione della vittima sia il vero seme dell’odio verbale
Si ritiene che la spersonalizzazione della vittima sia il vero seme dell’odio verbale; gli haters cioè non pensano che l’obiettivo dei loro insulti sia una persona reale, con degli affetti, una sensibilità, un vissuto esattamente come loro che, una volta distolti gli occhi dallo schermo, tornano ad essere padri, madri, insegnanti, avvocati, medici, studenti, operai con ruoli ben precisi nella società e con delle sfere affettive e familiari definite e più o meno gratificanti.
Hanno degli obiettivi ben precisi o possono odiare e diffamare a casaccio, l’importante è riversare quintali di fango e bile in rete, possibilmente creando proseliti e generando slavine incontrollate. Ogni tentativo conciliatorio viene immediatamente smorzato e soffocato dietro accuse di “buonismo” o di asservimento a quello o quell’altro potere o regime.
Attacchi Haters a Giorgio Napoletano
Tra gli episodi più scandalosi, ricordiamo gli auguri di morte all’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sottoposto ad urgente intervento chirurgico dovuto a complicazioni cardiache. Era ancora sotto i ferri, quando la pioggia di insulti e auguri di non sopravvivere all’operazione e alla convalescenza è iniziata con una violenza sconcertante ed inaudita. La polizia postale ha avviato un’indagine per accertare chi siano gli autori di questi scritti che superano di gran lunga la soglia della decenza, dell’umanità e dello stesso odio politico.
Haters e giustizia
Un altro episodio che potrebbe rappresentare un precedente importante è la condanna ad otto mesi di reclusione inflitta dal Tribunale di Imperia al guru italiano delle scie chimiche Rosario Marcianò, per aver diffamato via web la giornalista scientifica Silvia Bencivelli, autrice nel 2013 di un articolo che si scagliava proprio contro la fondatezza della teoria delle scie chimiche. Da questo procedimento potrebbe nascerne un altro collegato e ben più pesante per l’imputato, il quale questa volta potrebbe subire una condanna per minacce. Pare, infatti che la giornalista sia stata fatto oggetto dei più turpi e violenti insulti pubblici e privati dallo stesso Marcianò e da quelli che dovrebbero essere i suoi estimatori. Dalle accuse di servilismo e disonestà intellettuale, fino agli auguri di morte e invito allo stupro collettivo, erano questi gli “argomenti” utilizzati da questi paladini del cielo pulito per esprimere il loro dissenso al pezzo pubblicato dalla giornalista.
Ovviamente, per i seguaci del guru, si tratta di una macchinazione, un complotto del sistema corrotto e schiavo dei poteri forti per imbavagliarlo, per mettere a tacere il portabandiera di verità scomode.
La giustizia, si sa, non è di questo mondo, e chissà che non se ne possa trovare in cielo, al di là di scie e veleni; una giustizia che non necessiti nemmeno di quelle parole che, ogni giorno, gli odiatori per hobby o professione utilizzano per veicolare tutto il loro frustrato e narcisistico bisogno di attenzione.
di Massimo Caruso