Grand Canyon e la minaccia dell’uranio
Il Grand Canyon è uno dei posti più belli e affascinanti della terra, meta di milioni di turisti da tutto il mondo è una delle meraviglie naturali che si trovano negli Stati Uniti. Fu il fiume Colorado a crearlo, per una lunghezza di 446 chilometri ed una profondità di 1.875 metri, con una larghezza che varia dai 500 metri ai 29 chilometri. Insomma si è dinnanzi ad un capolavoro della natura. Esso si trova nel parco Nazionale del Grand Canyon che è uno dei parchi più importanti degli Stai Uniti.
Eppure una minaccia incombe su questo luogo, una minaccia che arriva da una cascata che nasce da un ruscello, una cascata che diventa un lago; da quest’acqua e da questo lago i nativi americani Havasupai riescono a sopravvivere nella profondità del Canyon. Il torrente incontaminato del villaggio Supai nasce da un serbatoio naturale che si trova sul bordo meridionale del Grand Canyon ed è grazie a questa fonte che i nativi Havasupai riescono a coltivare fagioli, mais, meloni, pesche; acqua che viene anche utilizzata per abbeverare i cavalli.
La piscina dal blu cobalto è anche meta di moltissimi turisti e per arrivarci bisogna intraprendere un cammino di 15 chilometri; ignorano tuttavia che il luogo e la sua incontaminatezza è messa a serio rischio a causa dei lavori presso una miniera di uranio nelle vicinanze delle falde acquifere.
La situazione è la seguente: un’azienda mineraria canadese si è posta il progetto di scavare 1500 piedi per estrarre uranio di alta qualità per poi trasferirlo nello Utah; l’azienda ha rassicurato che lavorerà in modo sicuro e che farà di tutto per evitare dei danni irreversibili al Gran Canyon e alla sua piccola oasi, ma di diverso avviso sono gli indiani Havasupai; le preoccupazioni principali dei nativi sono dettate dal fatto che le sollecitazioni dovute all’estrazioni di uranio possano contaminare le falde acquifere del ruscello compromettendo le attività della comunità, inoltre anche il fiume Colorado che attraversa un’area abitata da 40 milioni di persone potrebbe venirne contaminato. Insomma, sono delle preoccupazione molto serie e dettate da una conoscenza del territorio.
Ad essere minacciata in modo massiccio è la comunità che si trova nel fondo del Grand Canyon, mettendo la vita dei 775 nativi seriamente in pericolo. Nel 2012 ci aveva pensato Barack Obama ad emanare una legge che vietava lo sfruttamento della falda di uranio, un blocco che secondo le intenzioni del presidente si sarebbe esteso ai prossimi 20 anni, ma con l’insediamento dell’amministrazione Trump che è del tutto alieno a certe politiche ambientali, ha accolto la richiesta dei politici dell’Arizona e dello Utah di eliminare quel provvedimento che vieta l’estrazione. I nativi Havasupai hanno intrapreso delle manifestazioni atte a sensibilizzare e a prendere coscienza dei danni che potrebbero creare le estrazioni.
Purtroppo la storia non è magistra vitae, si è del tutto ignorato il passato che ha visto numerose falde acquifere del territorio Navajo essere contaminate dall’esposizione all’uranio; molte sono state le vittime tra i Nativi, ma vi è un altro motivo che fa smuovere gli indiani Havasupai, ed è quello della montagna rossa del Butte che molte tribù indiane considerano Sacra. Gli indiani Havasupai, in particolar modo, la ritengono il cordone ombelicale che li collega alla natura.
La multinazionale canadase Energy Fuels Inc sostiene che niente di quanto paventato accadrà, intanto i lavori sono stati prorogati a metà gennaio. I lavori saranno svolti 24 ore su 24 e saranno impiegati oltre 50 persone, ma nonostante le rassicurazioni la tribù Havasupai è giustamente preoccupata della situazione e le parole di quelli che rimangono sempre “uomini bianchi”, non ispirano nessuna fiducia ed è un atteggiamento del tutto comprensibile.
di Sebastiano Lo Monaco