Serbia: violenza sistematica sui rifugiati
Secondo un rapporto dell’associazione per i diritti umani tedesca Rigardu, rifugiati e migranti che tentavano di attraversare la Serbia verso i Paesi confinanti con l’Unione europea hanno subito deportazioni illegali e violenze diffuse da parte della polizia; dagli accertamenti si è potuto constatare che vi sono state anche percosse e scosse elettriche. Le conclusioni di Rigardu illustrano un quadro di abusi sistematici ai confini della Serbia – che non è un Paese dell’Ue – Ungheria e Croazia, entrambi membri del blocco.
Il gruppo ha annunciato di aver documentato almeno 857 casi di persone sottoposte a violenza nel solo anno che sta per concludersi. Le vittime minorenni di tale comportamento dovrebbero essere intorno alla cinquantina. Medici Senza Frontiere dichiara di non sapere, di preciso, quanti sono le persone che hanno perso la vita; i più vulnerabili sono proprio i minorenni come i due afghani di 12 e 15 anni che sono morti nei pressi del confine serbo-croato mentre cercavano di scendere da un tir in corsa.
Rigardu ha anche registrato almeno 110 casi in cui autorità ungheresi e croate hanno effettuato espulsioni illegali in Serbia. Ci sono state anche accuse di respingimenti da parte di ufficiali sloveni al confine con la Croazia.
Nei primi sei mesi del 2017 il 92% dei bambini e dei ragazzi che si sono recati nelle cliniche per la salute mentale dell’organizzazione raccontano di aver subìto violenza fisica, come bastonature, ferite da taglio, privazione di acqua e cibo, indicando come responsabili le autorità e la polizia di frontiera dell’Ue, precisamente di Bulgaria, Ungheria e Croazia. Utilizzando prove fotografiche e testimonianze in prima persona, Rigardu ha lanciato un database online per documentare singoli casi di violenza e respingimenti da parte delle forze dei Paesi dell’Ue lungo la cosiddetta rotta balcanica. Il gruppo ha affermato che il numero effettivo di incidenti di questo tipo è probabilmente molto più elevato poiché molti casi di respingimenti e violenze della polizia spesso non vengono segnalati.
Lazara Marinkovic, una giornalista serba che ha seguito la crisi dei rifugiati per diversi anni, ha affermato che rapporti come quello pubblicato da Rigardu sono molto comuni e le testimonianze sono coerenti con le ferite riscontrare sui migranti. I racconti ricostruiscono scenari molto simili tra loro: percosse, morsi di cani e uso di spray urticanti, ma anche privazione di cibo e acqua o l’obbligo a spogliarsi di tutti i vestiti nel cuore dell’inverno.
La maggior parte dei violenti respingimenti provengono dalla polizia di frontiera croata e ungherese, molti i migranti che hanno testimoniato la loro esperienza grazie alle foto che hanno scattato con i telefonini, quando non gli sono stati sequestrati o rotti come è successo in molti casi. È difficile avere un dato preciso sul numero di migranti e richiedenti asilo bloccati lungo la rotta balcanica. Secondo le stime dell’organizzazione, sarebbero tra gli 8 e i 10 mila le persone che hanno vissuto in accampamenti informali nei Balcani (Grecia esclusa). Come in un macabro gioco dell’oca, anche quando riescono ad attraversare il confine se vengono fermati vengono rispediti indietro.
Questo avviene sia nei casi dei trasferimenti che vengono effettuati in base al “Regolamento di Dublino”, sia nel caso dei respingimenti della polizia di frontiera ungherese, fatti in totale mancanza di coordinamento con le autorità serbe e pure in condizioni climatiche estremamente difficili. Solo nei primi sei mesi del 2017, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha osservato 1.800 respingimenti dall’Ungheria alla Serbia.
di Sebastiano Lo Monaco