Le mani degli Usa sulle risorse dell’Afghanistan
Il Presidente americano Donald Trump ed il Presidente afghano Ashraf Ghani hanno annunciato un accordo di collaborazione che permetterà alle compagnie statunitensi di implementare la raccolta di minerali in Afghanistan, accordo visto da Trump come una sorta di indennizzo per il ruolo statunitense nel prolungato conflitto che il Paese ha vissuto.
Giovedì scorso i due leader si sono incontrati a New York dove hanno discusso di possibili interventi da parte di aziende statunitensi volti a “sviluppare piani per una rapida estrazione delle risorse minerarie afgane”, come riportato nel comunicato della Casa Bianca.
La Casa Bianca afferma che i due presidenti “concordano sul fatto che queste iniziative aiuteranno le imprese statunitensi nella produzione di materiali essenziali per la sicurezza nazionale, faranno crescere l’economia di Kabul, creeranno nuovi posti di lavoro in entrambi i paesi, e in ultimo contribuiranno ad autofinanziare i costi sostenuti dagli Usa per l’assistenza fornita negli anni di conflitto e post conflitto”.
L’Afghanistan è una miniera, e Trump vede nelle sue enormi ricchezze minerarie una risorsa funzionale a coprire i 117$ miliardi di dollari spesi dal suo Paese dal 2001 in attività militari e di ricostruzione. Secondo l’agenzia Reuters già a giugno il presidente Trump aveva comunicato ai suoi collaboratori che l’America avrebbe dovuto chiedere una quota dei minerali afghani come compenso per l’assistenza fornita al governo locale.
A luglio il New York Times aveva documentato l’incontro tra alcuni esponenti del governo Usa con un manager di American Elements, azienda specializzata in estrazione di minerali, avvenuto per discutere del potenziale offerto dalle risorse minerarie del Paese asiatico. Tra i vari minerali presenti, l’Afghanistan ospita vasti giacimenti di oro, argento, platino, carbone, litio, gas naturali, uranio, tantalio e rame.
L’interesse statunitense per le risorse afgane è tuttavia precedente a Trump. Nel 2010 una ricerca dello Us Geological Survey (Usgs) affermava che l’Afghanistan disponesse di risorse minerarie del valore di 1 bilione di dollari, la cui estrazione rappresentava la risorsa chiave per il futuro del paese.
Quello che manca in Afghanistan sono le infrastrutture necessarie per il trasporto di questi minerali, così come le risorse per effettuare ricerche aggiornate. Molte piccole miniere sono gestite da enti privati che evadono al governo gli utili realizzati. Il Paese continua intanto a combattere contro le insurrezioni dei talebani e di altri gruppi armati.
L’allora presidente statunitense George W. Bush diede il via alla Guerra in Afghanistan nel 2001, a meno di un mese dagli attacchi dell’11 Settembre, realizzati per mano di Osama Bin Laden. L’operazione “Enduring Freedom” ebbe inizio allorché i talebani rifiutarono di consegnare Bin Laden agli Usa.
Nel 2003 Bush rivolse poi la sua attenzione all’invasione militare dell’Iraq. Azione che consentì ai talebani ed ad altri gruppi presenti in Afghanistan una ristrutturazione numerica e militare.
Dopo sedici lunghi anni, la presenza statunitense in Afghanistan continua ancora, anzi le truppe che collaborano con l’esercito afghano nell’addestramento dei militari locali e nella lotta ai gruppi terroristici, non sono mai state così numerose. Le unità attualmente presenti nel Paese asiatico pare siano molte di più delle 8.400 ufficialmente dichiarate dal Pentagono.
di Mafalda Insigne