Una calma apparente ritorna in Sud Sudan
Dopo decine di migliaia di morti, più di due milioni di sfollati e infinite violenze e distruzioni, in Sud Sudan la situazione sembra tornata al punto di partenza: Riak Machar, il leader dell’opposizione armata, ha giurato come primo vice-presidente, la medesima carica che aveva nel luglio del 2013 quando fu destituito dallo stesso presidente che adesso lo ha nominato.
Quella destituzione diede inizio ad una contesa personale sfociata in una devastante guerra civile che ha messo in ginocchio un Paese ricco di risorse, ma fra i più poveri al mondo.
Visto che i protagonisti sono gli stessi, poco o nulla è cambiato da allora e nodi che hanno infiammato il conflitto sono tutti sul terreno per di più esacerbati da anni di violenze, c’è da dubitare che un accordo di pace sottoscritto dietro la fortissima pressione internazionale possa tenere, dando una prospettiva di stabilità alla Nazione; ma è proprio da quelle pressioni, insolitamente forti, che viene la possibile speranza della pace.
Le materie prime di cui il Sud Sudan è ricco non possono essere sfruttate dai tanti attori internazionali interessati nel caos sanguinoso in cui è precipitato il Paese, per questo è convenienza di tutti che finalmente ci sia la pace: in poche parole, gli stessi attori che hanno sostenuto le parti in conflitto per assicurarsi quelle ricchezze, trovano ora più utile trovare un accordo che permetta loro di arricchirsi.
D’altronde, nella storia del Sud Sudan, e dell’ex movimento di guerriglia oggi al potere (il Splm/a), sono molti gli esempi di gruppi ribelli, generali o politici dissidenti riammessi in nome di una ritrovata concordia o, più semplicemente, del comune interesse. Naturalmente, la pace durerà fin quando qualcuno non reclamerà una fetta più grande.
È la storia di sempre: Stati e multinazionali che hanno scommesso sulla guerra, quando non riescono a vincere, alla fine trovano un accordo per spartirsi le risorse e l’impongono alle proprie marionette; alla popolazione non resta che gioire se cessano le mattanze e le viene permessa la sopravvivenza mentre altri ingrassano depredando le ricchezze del loro Paese.
Inutile stupirsi, è la pratica antica dell’imperialismo.