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Missioni di pace o missioni di violenza?

di Cinzia Palmacci

Venerdì 11 marzo 2016 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la sua prima risoluzione, la 2272, contro il crescente fenomeno dei crimini sessuali commessi dai peacekeepers in alcune delle aree più a rischio del mondo. La risoluzione avalla la decisione del Segretario Generale Ban Ki-moon di rimpatriare interi contingenti di caschi blu “laddove vi siano prove attendibili di sfruttamento e abuso sessuale sistemico o diffuso”. Questo provvedimento era già stato annunciato insieme ad altre misure risolutive nel report presentato giovedì 10 marzo dallo stesso Ban Ki-moon, in cui sono state indicate le 69 accuse del 2015 e dove sono apparsi per la prima volta i nomi dei Paesi d’origine dei presunti responsabili. Dall’inizio dell’anno, il Dipartimento per le operazioni di mantenimento della pace ha dichiarato 25 nuovi casi. Una situazione intollerabile che ha spinto l’Onu a istituire una Commissione d’inchiesta per chiarire le responsabilità dei propri dipendenti, e che pare sarebbe alla base delle dimissioni del Vice Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, l’italiana Flavia Pansieri, rea secondo alcuni di non aver dato seguito alle indagini quando queste erano ancora a un livello confidenziale. Lei ha negato tutto, additando le sue condizioni di salute quale motivo per aver rimesso l’incarico.

Contro i caschi blu operanti nella Repubblica Centrafricana emergono  nuove e pesanti accuse di abusi sessuali. Lo rende noto direttamente la portavoce dell’Onu, Vannina Maestracci, portando alla luce un altro caso di violenze perpetrate stavolta contro tre donne, una delle quali sarebbe una minore. L’ennesima rivelazione ha mandato su tutte le furie il segretario generale dell’Onu, che è arrivato a definire gli abusi sessuali da parte dei caschi blu come “il cancro del nostro sistema”. “Non tollererò alcuna azione che possa portare le persone a rimpiazzare la fiducia con la paura”, ha dichiarato Ban Ki-Moon, che proprio una settimana fa ha licenziato il comandante dell’operazione ‘Minusca’ impegnata in Centrafrica, il senegalese Babacar Gaye, in risposta alle crescenti accuse che stanno facendo emergere una realtà drammatica e allarmante.

Sale infatti a 61 il numero totale di casi di violenza sessuale contro civili accertati nella Repubblica Centrafricana, finita da diversi mesi nell’occhio del ciclone insieme ad altri Paesi dove si sarebbero verificate le stesse violazioni di diritti umani contro la popolazione locale per mano dei militari stranieri. Circa cento ragazze, hanno denunciato di essere state costrette a subire abusi sessuali da parte dei peacekeepers. Sotto accusa, sarebbero in modo particolare i militari francesi della missione “Sangaris” che, in base al racconto di tre ragazze, le avrebbero portate all’interno del loro compound e poi avrebbero abusato di loro in maniera particolarmente crudele. Una vicenda che è stata resa pubblica solo grazie alla denuncia di un funzionario Onu che, nonostante il silenzio dei suoi superiori sulla vicenda, ha deciso di rendere pubblico un documento riservato in cui si descrivono in maniera dettagliata gli abusi perpetrati dai militari delle Nazioni Unite su alcuni bambini nei pressi di Bambari, cittadina a 380 chilometri da Bangui, nel cuore della Repubblica Centrafricana. Il rapporto documenta gli abusi subiti da diversi minori (maschi e femmine) tra il dicembre 2013 e il luglio 2014, durante il periodo di transizione tra l’operazione “Sangaris” dell’esercito francese e la missione delle Nazioni Unite “Minusca”. Si tratta di un numero consistente di bambini di età compresa tra gli 8 e i 15 anni diventati preda di 14 Caschi blu: piccoli sfollati, orfani e affamati. Predati senza pietà da coloro che avrebbero invece dovuto proteggerli, in cambio di pochi dollari o di un po’ di cibo. Un vecchio studio dell’Unicef (datato 1996) rivela che “in sei Paesi sui 12 esaminati l’arrivo delle forze di peacekeeping è associato a un rapido aumento della prostituzione minorile”.

Altri eserciti si sono macchiati di simili atrocità (ad esempio quello della Nato in Serbia), ma quello dell’Onu non è un esercito qualunque. Il fatto che queste violenze siano commesse da chi intende, come enunciato dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945, “salvare le generazioni future dal flagello della guerra” e “mantenere la pace e la sicurezza internazionale”, mette in seria discussione la legittimità e l’efficacia delle missioni da parte dell’Onu. Per non dover aprire una parentesi sui costi delle “missioni di pace” all’estero, diciamo solo che in molti hanno sollevato legittimi dubbi sull’utilità di queste spese extra, soprattutto quando servono ad incoraggiare la barbarie anziché contrastarla.

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