Riyadh vieta Hajj e ‘Umra ai palestinesi in diaspora
Ai palestinesi che vivono nei Paesi arabi sarà vietato prendere parte al pellegrinaggio canonico, Hajj, e a quello minore, ‘Umra, che si può intraprendere in qualunque periodo dell’anno.
Questo è il contenuto dell’ultimo decreto delle autorità saudite che lo giustificano con questioni di sicurezza, “per impedire l’ingresso del paese di elementi terroristi”, con esplicito riferimento e divieto rivolti ai profughi palestinesi in Siria.
Le ambasciate palestinesi nella regione sono del parere che il divieto non colpisca solo chi vive in Siria ma tutti i palestinesi in diaspora e sparsi in Medio Oriente. Di fronte alle varie interpretazioni fornite al decreto, il ministero degli Esteri saudita ha chiarito che sono interessati soltanto i profughi palestinesi siriani. Jihad Harazen, da Fatah, ha osservato che i sauditi hanno fatto questa scelta per ovviare al problema del rimpatri, a causa dei documenti di viaggio di cui sono titolare i profughi palestinesi, nel caso in cui un soggetto dovesse costituire una minaccia per il Regno.
Resta teorica la garanzia del riconoscimento di uno status speciale per i palestinesi in diaspora come si era sempre pronunciata la Lega Araba. A settembre scorso, identica misura e violazione delle responsabilità clericali di Riyadh aveva preso di mira gli yemeniti.
Sul fronte palestinese intanto le società organizzatrici del pellegrinaggio decidono di sospendere la ‘Umra nel 2016 per i palestinesi di Gaza. La permanente chiusura del valico di Rafah ha causato loro gravi perdite fino a 120mila euro in un solo mese.