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Striscia di Gaza, il lager del terzo millennio

di Redazione

Non bastano i bombardamenti indiscriminati, le violenze e le aggressioni militari israeliane a rendere un inferno la vita del popolo palestinese. A tutto questo bisogna aggiungere soprusi e vessazioni, tra cui la chiusura dei vari valichi che costringono i cittadini della Cisgiordania, ma soprattutto quelli della Striscia di Gaza, a vivere da reclusi e senza nessuna possibilità di poter accedere ad ospedali o altri servizi primari.

Il valico di Rafah è rimasto chiuso per 60 giorni consecutivi e per 272 giorni complessivi nel corso del 2015, ha riferito giorni fa un portavoce del Ministero degli Interni palestinese. La continua chiusura del valico di frontiera, che è l’unico sbocco per i palestinesi della Striscia di Gaza, acuisce la già drammatica situazione umanitaria nell’enclave costiera, in particolare per quei 25mila cittadini che necessitano di viaggiare per usufruire di cure mediche.

In tutto questo, le autorità egiziane continuano ad obbedire alle volontà del regime israeliano, rendendo così la Striscia di Gaza un lager a cielo aperto.

Il valico di Rafah è stato chiuso a partire dalla metà del 2013, ad eccezione di tre giorni ogni due o tre mesi. La maggior parte dei cittadini palestinesi non possono viaggiare a causa delle drastiche misure restrittive imposte dalle autorità egiziane.

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