Accordo Atene-Berlino, si prolunga l’agonia del popolo greco
È stato uno scontro fra Berlino e Atene, fra visioni e interessi troppo diversi perché si trovasse un accordo vero; alla fine ha vinto il rapporto di forza e di potere. La Grecia ha dovuto accettare solo quattro mesi di respiro, rigidamente subordinati alle condizioni pretese dalla Germania: Atene dovrà presentare già da lunedì una serie di riforme strutturali che, se accettate dai componenti della Troika (unica concessione: cambierà nome in “Istituzioni Internazionali”), faranno partire una trattativa per la revisione delle politiche a cui è assoggettata da cinque anni.
Nel frattempo, Schauble, il Ministro delle Finanze tedesco, ha detto chiaro che la Grecia non riceverà alcun aiuto fino a quando non applicherà fino in fondo quanto gli è stato prescritto nel cosiddetto “piano di salvataggio” in corso, e l’Eurogruppo ha specificato che Atene s’impegna a non modificare unilateralmente quelle politiche o intraprendere misure che possano comportare un aggravio di spesa nel bilancio.
In parole povere, tutti i provvedimenti presi da subito per alleviare le drammatiche condizioni della popolazione greca (sussidi ed aumenti salariali alle categorie più deboli e svantaggiate) saranno sospesi in attesa della definizione di un nuovo piano di misure approvato da Bruxelles. E addio all’intero programma su cui il Popolo greco aveva riposto le speranze di risollevarsi.
Unica eccezione, la possibilità di presentare una serie d’interventi come la lotta all’evasione e alla corruzione (che in Grecia sono altissime, più che in Italia), la riforma radicale della Pubblica Amministrazione ed altri provvedimenti che mirano a scardinare vaste sacche di privilegi, di sprechi e inefficienze; se verranno approvati dai santoni del rigore, si potrà parlare per i prossimi quattro mesi di una timida flessibilità nei conti per il dopo.
Per un momento la trattativa stava per saltare ed è stato Draghi a dover intervenire perché un accordo venisse comunque trovato, facendo notare che le banche elleniche nell’incertezza correvano il rischio di saltare.
È finita con una vittoria a tutto tondo per la Germania, che ormai indirizza a colpi di diktat la politica della Ue, e per la Cancelliera, che ha messo ai vertici della Commissione suoi fedelissimi (Juncker, Dijsselbloem, Katainen e così via). La Grecia s’è trovata isolata in un consesso pavido quanto succube; ha raccolto simpatia e comprensione a mezza bocca, ma nessun alleato disposto a opporsi a Berlino e alle fallimentari politiche della Troika.
Ieri a Bruxelles è stato stabilito un precedente ufficiale di formale limitazione di sovranità di uno Stato che, presentatosi con un programma espresso dal Popolo con libere elezioni, è stato costretto a rimangiarselo dalla cinica convenienza di altri Stati manovrati con arroganza da Berlino.