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Arabia Saudita… “Terrorista o Dittatore è chiunque si frapponga fra l’Occidente e il petrolio”

di Manuela Comito

“Mentre i potenti del mondo rendono omaggio al defunto re saudita Abdullah, che non si dimentichino le torture inflitte al blogger Raif Badawi” ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. Raif Badawi è un blogger, arrestato nel 2012 con l’accusa di apostasia e offese all’Islam, condannato a mille frustate, dieci anni di carcere e circa 250mila euro di multa perché dal 2008 dal suo sito “Free Saudi Liberals” denunciava la mancanza di libertà nel suo Paese. Shetty, intervenuto al World Economic Forum di Davos, dove il programma di venerdì 22 è stato stravolto dalla notizia della scomparsa del re saudita, ha dichiarato all’Afp che i leader dei Paesi occidentali, attirati dal petrolio, hanno la facile tendenza a chiudere gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti umani perpetrate dal regno saudita. “Il regime saudita si mostra insensibile al rispetto dei diritti e della dignità umana ed è protetto dai Paesi occidentali che, pur di avere accesso agli ingenti giacimenti di petrolio, sono disposti addirittura a vederlo come un alleato nella lotta al terrorismo” ha concluso Shetty. Amnesty International ha espresso profonda preoccupazione per il destino del blogger saudita Badawi, la cui condanna ha scatenato una protesta a livello mondiale. Sotto la pressione internazionale, le autorità saudite hanno ritardato la fustigazione di Badawi, fissata per venerdì 22 gennaio, adducendo ragioni mediche.

Intanto, sfilano per rendere omaggio al defunto re i maggiori leader dei Paesi occidentali, esaltandone la “moderazione” e gli sforzi per creare la pace in Medio Oriente. A quali sforzi si alluda, non è dato sapere. Certo è che l’elogio del defunto è venuto soprattutto da coloro i quali poche settimane fa erano a Parigi, a esprimere indignazione per l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo e a promuovere la libertà di opinione. Apre il “piagnisteo” Israele, come ci ricorda Michele Giorgio sul Manifesto: “Secondo il capo dello Stato israeliano Reuven Rivlin la politica del re scomparso «è stata saggia e ha contribuito molto alla stabilità del Medio Oriente, è stata una leadership con radici profonde, ponderata e responsabile». Il monarca, ha aggiunto, voleva un futuro di benessere per tutta la regione. Per l’ex presidente Shimon Peres la morte di Abdullah rappresenta «una perdita reale per la pace in Medio Oriente… Spero che la sua eredità resterà nel futuro e contribuirà alla pace». Pace non dichiarata e comunque solo con Israele, perché Riyadh in questi anni ha lavorato con impegno per alimentare la guerra civile siriana, per aizzare la ‘rivolta’ in Iraq e oggi se ne vedono gli effetti sul terreno”.

Al seguito, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi, che ha decretato una settimana di lutto, iniziativa ripresa da altri leader arabi tra i quali il palestinese Abu Mazen. Scontati gli “omaggi” dei leader occidentali, in particolare di Barack Obama, visto che gli Usa hanno con l’Arabia Saudita una partnership da lungo tempo consolidata, David Cameron e Francois Hollande, tutti pronti a esaltare le doti di “moderazione” del re saudita. E’ forse lecito chiedersi come mai i Paesi occidentali, laici e liberali, siano così partecipi del cordoglio per la morte del re Abdullah, dal momento che governava un Paese in cui i più elementari diritti umani vengono negati, dove pene come la fustigazione, la detenzione e la pena di morte si applicano tanto frequentemente a ‘reati’ come libertà di espressione o guidare un’automobile se si è donne. Perché in Arabia Saudita questi sono reati.

Proprio in questi giorni il sito Middle East Eye ha proposto un’interessante comparazione tra il codice penale “jihadista” reso pubblico dallo Stato Islamico e il sistema penale dell’Arabia Saudita. Dal confronto, ripreso anche da Russia Today e dal Washington Post, è emerso come il sistema penale applicato in Arabia Saudita sia perfino più severo di quello dell’Isis. Eppure nessun leader occidentale ha mai chiamato “dittatore” o “terrorista” un monarca saudita, né è partita una “missione di pace” per “esportare” la democrazia in quel Paese. Sono, probabilmente, gli stretti legami economici della petromonarchia saudita con le maggiori potenze occidentali a mettere in secondo piano il rispetto dei diritti umani e a far chiudere tutti e due gli occhi ai governanti di fronte alle sue continue e palesi violazioni. Parafrasando un noto adagio, è forse vero che: “Terrorista o Dittatore è chiunque si frapponga fra l’Occidente e il petrolio”.

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