Italia. Regioni e derivati, la beffa dei consulenti del Tesoro
Mentre il Paese raschia invano il fondo del barile ormai vuoto e le Regioni strepitano per i tagli imposti dalla legge di stabilità, sta venendo al pettine la faccenda dei contratti “derivati” che le varie Amministrazioni regionali hanno avuto la bella pensata di sottoscrivere con diverse banche internazionali.
In ballo ci sono una decina di miliardi, assai più dei sacrifici chiesti agli Enti, e che, se utilizzati con un minimo di discernimento, “avrebbero” assicurato servizi decenti e occupazione. Abbiamo detto “avrebbero” perché di quei soldi, impiegati in sofisticate operazioni finanziarie da amministratori che neppure sapevano che andavano firmando, ora, si rischia d’avere indietro molto poco.
I “derivati” sono contratti complessi, che si basano su una giungla di indici e fattori; nati con la finalità d’assicurare il rischio di prestiti e investimenti, nella sostanza sono divenuti una scommessa speculativa: regolarmente a perdere per gli sprovveduti che vi s’avventurano senza una più che solida preparazione finanziaria o una seria assistenza professionale. Esattamente ciò che è avvenuto a tanti amministratori allocchiti da mirabolanti promesse di guadagno per le proprie casse (e altro?), fatte dalle banche internazionali cui s’erano rivolti.
Che si tratti di contratti rischiosi è talmente chiaro che c’era un obbligo (peraltro mai entrato in vigore) d’inserire nel contratto la probabilità di successo dell’operazione; obbligo anche formalmente abrogato nella legge di stabilità dell’anno scorso (difficile non intravedere in questo la manina d’un lobbista di qualche grande banca).
Sia come sia, i contenziosi per i risultati disastrosi di quelle operazioni sono fioccati e fioccano e la Magistratura sta usando la mano pesante nel decretare che, senza adeguata segnalazione sulla rischiosità, il contratto è nullo.
Per mettere le cose a posto, nell’aprile del 2014, in uno dei decreti sulla competitività, le Regioni sono state autorizzate a mettere mano ai “derivati” con la consulenza del ministero dell’Economia, più in specifico, della Direzione che fa capo a Maria Cannata, l’abile e potente gestore del debito pubblico italiano. A prima vista è un provvedimento ragionevole, peccato che quella Direzione sia la stessa che nel 2011 ha liquidato senza batter ciglio 2,5 Mld a Morgan Stanley, proprio mentre la Fornero faceva esplodere la tragedia degli esodati proprio perché era senza soldi in cassa.
Singolare, ma il meglio viene dopo: ora sono state decise le procedure con cui Regioni e Ministero affronteranno il problema dei “derivati”; la Regione capofila sarà, guarda caso, il Lazio, il cui assessore al Bilancio, Alessandra Sartore, già dirigente del ministero, è sempre stata vicinissima alla Cannata. Le altre Regioni s’accoderanno giovandosi dell’assistenza di “Sviluppo Lazio” e Finlombarda”; peccato che entrambe non abbiano mai svolto simili attività e manchino del know-how minimo per farlo.
Per risolvere questa carenza evidente quanto colossale, è intervenuta ancora la Cannata prendendo per consulenti (ovviamente pagati e più che bene) Deutshe Bank, Citi e Bnp Paribas, guarda caso le stesse che hanno stipulato i contratti con le Regioni. Le banche, a loro volta, si fanno assistere da Allen&Overy, uno studio legale internazionale che ha rapporti consolidati con tutte le banche d’investimento che operano in “derivati”. Più chiaro di cosi!
Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, la prima clausola proposta dai consulenti per ricontrattare i “derivati” oggetto di contestazioni (la pratica totalità), prevede che le Regioni rinuncino, in maniera irreversibile e definitiva, ad aprire o proseguire contenziosi con le banche, fattore fondamentale agli interessi degli Istituti, visto l’indirizzo preso dalla Magistratura nel sanzionare queste operazioni. In pratica: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, ha detto qualcuno, alla faccia di tutti i servizi e i posti di lavoro che sono saltati e salteranno ancora per i nuovi e colossali buchi che s’andranno ad aprire nelle varie casse regionali.
Un esempio da manuale di come, in stanze ovattate e lontano da qualsiasi controllo, le cosiddette “elites” dell’establishment perpetrino porcate colossali di rilevanza infinitamente maggiore delle canagliate di politicanti da strapazzo che si danno in pasto ai media e all’indignazione popolare.