Dalla crisi degli Stati centrali riemerge il sogno delle piccole Patrie
di Salvo Ardizzone
La crisi degli Stati centrali è da molto tempo sotto gli occhi di tutti; non allargheremo la discussione sui motivi, non è la sede, diremo solo che ciò accade per almeno due ordini di ragioni: da un canto, per una molteplicità di legami e condizionamenti, essi, nella gran parte, non agiscono più negli interessi del proprio Sistema Paese nel suo complesso, quanto di organismi, lobby, centri di potere economici e politici sovrannazionali, potenze egemoni a cui hanno abdicato il proprio ruolo.
Dall’altro, i legami nazionali, fatti di valori, identità, vocazioni naturali, scopi comuni e condivisi, si sono nella gran parte dissolti sotto l’impatto di un martellamento di pseudo valori fatti per essere manipolati; il risultato è un deserto di principi veri, di cui restano solo vaghe rappresentazioni prive di radici. Ciò è funzionale all’affermazione di interessi estranei ai Paesi, perché in tal modo non trovano solidi paletti che li possano ostacolare.
È il caso di una Ue che, invece di essere un’Unione di Popoli capace di esaltarne ed appoggiarne le vocazioni, le potenzialità, preservandone le differenze come ricchezza, si fa strumento di dominio di terzi facendosi agire, di volta in volta, dagli Usa, dagli interessi espressi dai suoi bracci operativi (che siano Nato o, in futuro, Ttip), da Paesi che trovano più conveniente usarla per imporre l’egemonia del proprio Sistema (vedi Germania) o dalle convenienze di immensi capitali internazionali.
In questo quadro di totale mancanza di rappresentatività, di riferimenti, di risposte alle esigenze più immediate, i Popoli ricercano istintivamente un’identità che trovano nelle proprie radici, nella propria storia; è così che dal tempo riemergono antiche Patrie perdute. È il caso di Scozia, Catalogna, Fiandre, per citare i casi più conosciuti ed emblematici.
È la comunanza di sentire, d’interessi, di vocazioni, anche di cultura condivisa che riappare, scrollandosi di dosso le sovrastrutture ormai marce di Stati centrali che hanno fallito il loro scopo di tutelare e rappresentare in un unico Sistema le diversità. In questo ci sono tradizioni antiche, radici profonde, appunto, che si sommano all’entusiasmo di Popoli che si ritrovano per una nuova ripartenza. È la richiesta di autodeterminazione di comunità, unite da vincoli riconosciuti, da valori condivisi su un territorio.
Abbiamo parlato di tre esempi a cui, col tempo, se ne potrebbero aggiungere altri come la Baviera, la Bretagna, la Corsica, ma attenzione: accanto a sacrosante rivendicazioni di poter scegliere il proprio modello di sviluppo, anzi, di vita, che hanno dietro un retroterra solido su cui poggiare, nel quadro di attuale dissoluzione spuntano come funghi una miriade di istanze che, mascherandosi malamente con motivazioni più o meno futili o folcloristiche, trovano origine semplicemente dall’egoismo, dal pensiero che da soli si starebbe meglio. È l’esaltazione del particolare fine a se stesso, punto.
Simili posizioni, di cui in Italia abbiamo diversi esempi, sono la degenerazione ultima di un Sistema malato, la negazione d’ogni legame, d’ogni solidarietà, d’ogni senso di comunità; è gente, e ci guardiamo bene dal chiamarla Popoli che è ben altra cosa, che mira soltanto a ciò che intende come un tornaconto immediato, abbandonando Sistemi che percepisce in pericolo.
Come detto, è solo l’egoismo che la muove, non la voglia d’aderire a comuni valori profondi, a tradizioni, a culture antiche, a modelli di sviluppo peculiari, a identità vere che non ha e non può avere.
Ecco la differenza da fare fra le battaglie che muovono Popoli interi a invadere le vie di Barcellona o a strappare una Devolution Max ai governanti di Londra da un canto, e i gretti calcoli di bottega che si fanno altrove.
In poche parole, le Piccole Patrie sono la spontanea risposta dei Popoli, ma quelli veri, al servaggio imposto dai poteri egemoni, Stati, Organismi Internazionali o potentati globali che siano. Le altre sono velleitarie caricature, frutti tossici dell’egoismo e della disintegrazione delle comunità.