Messico. Contro la corruzione e il crimine organizzato, continua la mobilitazione per la sparizione dei 43 studenti
Ormai l’impressione di molti è che nelle aree più violente del Messico si sia venuta a creare una vera e propria continuità tra la classe politica e le organizzazioni criminali. E’ diventato impossibile capire se sono i criminali a lavorare per i politici o i politici a lavorare per i criminali, oppure se, direttamente, i criminali si sono fatti eleggere in politica.
Un Paese, dove, al momento del suo insediamento nel dicembre del 2012, il presidente Enrique Peña Nieto ha riconosciuto che la “guerra alla droga” lanciata dal predecessore Felipe Calderón aveva portato a gravi abusi da parte delle forze di sicurezza. Nei primi mesi del 2013, l’amministrazione ha detto che più di 26mila persone sono state segnalate scomparse o mancanti dal 2007, un problema che ha definito una “crisi umanitaria”, e promulgata un’ampia normativa volta a garantire i diritti delle vittime.
“Eppure il governo ha fatto pochi progressi nel perseguire omicidi diffusi, sparizioni forzate, e torture commesse da soldati e poliziotti nel corso della lotta contro la criminalità organizzata, anche durante il mandato di Peña Nieto. I membri delle forze armate accusati di violazioni dei diritti umani continuano ad essere perseguiti all’interno del sistema di giustizia militare di parte, che assicura l’impunità”. A riferirlo è Human Right Watch. Nel giugno 2013, la Commissione nazionale per i diritti umani del Messico (Cndh) ha dichiarato che stava indagando su 2.443 sparizioni in cui aveva trovato le prove del coinvolgimento di agenti statali.
In questo clima sono scesi in piazza negli ultimi giorni migliaia di manifestanti che hanno tenuto una marcia nella città messicana di Acapulco, per esigere il ritorno sicuro dei 43 studenti che sono “spariti” nel mese di settembre. Venerdì scorso, i manifestanti cantavano “Li hanno presi in vita, noi li vogliamo indietro vivi”.
Studenti, insegnanti e contadini armati di machete, hanno chiesto le dimissioni del governatore dello Stato di Guerrero, Angel Aguirre, per la sua cattiva gestione del caso. “Siamo venuti a dire al governo che questa lotta non cesserà finché non troviamo la giustizia. La gente vuole giustizia”, ha dichiarato il leader dell’Unione Guerrero Marco Antonio Adame. “La gente non ne può più di tanta repressione, di tanto crimine commesso contro chi protesta. E chiediamo che i nostri diritti siano rispettati”.
Gli studenti scomparsi frequentavano l’università rurale di Ayotzinapa, una città vicina al capoluogo dello Stato di Guerrero. Il 26 settembre erano partiti dalla loro università per andare a manifestare ad Iguala. A quanto pare per raggiungere la città avevano “sequestrato” due autobus privati. Si tratta di una pratica piuttosto comune nella zona. L’università di Ayotzinapa è frequentata soprattutto dai figli di famiglie contadine della zona. Moltissimi sono di origine indios e hanno un redditto molto basso. L’università di Ayotzinapa è un luogo molto radicale: le sue pareti sono coperte di ritratti di Che Guevara e Lenin e l’ideologia rivoluzionaria è ancora molto sentita, alimentata dalla povertà della regione, dalla criminalità organizzata e dalla corruzione della classe politica.
Vicino ad Iguala gli autobus sono stati fermati dalla polizia. A quanto pare gli studenti sono scesi dai mezzi e hanno cercato di rimuovere con la forza le auto della polizia che bloccavano la strada. A quel punto è iniziata una sparatoria. Gli agenti, con l’aiuto forse di alcune persone in abiti civili, hanno sparato sugli studenti uccidendone almeno tre e ferendone altre decine. In molti sono riusciti a fuggire sulle colline vicine, mentre in 43 sono stati arrestati.
Da quel momento di loro non si è avuta più notizia, almeno fino al ritrovamento delle fosse comuni lo scorso 6 ottobre, quando la storia dei 43 studenti spariti si complica ancora di più. Sembra tuttavia, dai primi esami, che il Dna dei corpi trovati per il momento non coincida con quello degli studenti; nel frattempo si è ucciso un importante leader criminale accusato di essere coinvolto nelle sparizioni.
La situazione in diverse città messicane, intanto, sta diventando sempre più incandescente: lunedì, per esempio, un gruppo di manifestanti ha saccheggiato e bruciato una parte della sede del governo nello Stato di Guerrero, durante alcune proteste legate alla sparizione degli studenti. Le autorità messicane affermano che oltre 1.200 uomini delle forze di sicurezza stanno cercando gli studenti in tutto il paese di Iguala, dove sono stati visti l’ultima volta, e che hanno arrestato il capo della banda responsabile della scomparsa degli studenti e alcuni agenti responsabili.
Mentre il numero dei manifestanti cresce in un clima sempre più teso contro i narcos e la corruzione, arriva la notizia del sequestro di una donna che denunciava le attività delle organizzazione criminali attraverso Twitter e collaborava con un portale web dedicato alla sicurezza cittadina nello Stato di Tamaulipas, nel nord del Messico. La donna è stata rapita, torturata e assassinata da presunti sicari dei narcos, che hanno pubblicato una foto del suo cadavere sulla sua pagina del social network. Si chiamava Maria del Rosario Fuentes ed era medico.