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Isis, il grande bluff della guerra americana

I media di tutto il mondo riportano gli sforzi indefessi della diplomazia Usa per montare una colossale coalizione di ben 40 Paesi per battere lo Stato Islamico (Isis). Sempre secondo i media, è grazie agli aerei dello Zio Sam che forze irachene e peshmerga curdi riescono a contenere quella che viene dipinta come una possente “armata delle tenebre”. Ancora una volta si vuol far passare l’immagine di un’America che corre in soccorso delle popolazioni a rischio d’essere massacrate dal cattivo di turno, con accanto i soliti francesi che, quando c’è da buttar bombe dove c’è odore di petrolio, non restano mai indietro (Libia docet!). 

E in effetti gli Usa, nell’area del Golfo, di mezzi per condurre un’offensiva aerea ne hanno in abbondanza: 4 gruppi di Super Hornet (48 aerei) di stanza sulla portaerei George Bush (la più moderna della classe Nimitz); bombardieri B-1b Lancer di stanza a Al-Udeid in Qatar, insieme a ricognitori E-8J Stars e velivoli per guerra elettronica Ea-6b Prowler. Negli Emirati, a Al-Dhafra, ci sono gli F-15e da strike, insieme a droni Global Hawk, aerei spia U2, E-3 Sentry per sorveglianza aerea e aerocisterne per il rifornimento; nella stessa base ci sono da anni i francesi con 6 Rafale, aerocisterna e velivolo da pattugliamento.

Inoltre, a parte gli Av-8b d’attacco dei Marines di un gruppo anfibio che incrocia laggiù al gran completo, sono a disposizione centinaia di missili da crociera Tomahawk a bordo di una task force di sommergibili nucleari (almeno un colosso classe Ohio e due classe Los Angeles) e i Uav Reaper armati di Hellfire direttamente in Kurdistan. 

Isis, uno strumento troppo utile per gli Usa

Tutti questi mezzi possono essere diretti sui bersagli con precisione millimetrica da aerei, droni, satelliti e centinaia di elementi delle Forze Speciali che operano sul campo come Fac (Forward Air Controller), vale a dire controllo aereo avanzato. Con questa tecnologia a disposizione, in condizione ognitempo, di giorno o di notte, in un ambiente piatto e scoperto come quello iracheno, le colonne di mezzi del sedicente “califfato” sarebbero un bersaglio ideale quanto indifeso. 

Ebbene, sapete in media quante sortite ha effettuato contro l’Isis tutta questa possente armata aerea? Meno di quattro al giorno, e neanche tutte da attacco perché in buona parte da ricognizione, controllo e rifornimento. Se la volontà di Washington fosse quella di eliminare l’“armata del califfo”, con quei mezzi a disposizione potrebbe incenerirla in una settimana, invece, a parte le bufale riportate dalla stampa, ha incenerito qualche decina di pick-up e qualche blindato. Il minimo sindacale per fingere di fare qualcosa.

L’Isis è una minaccia troppo preziosa per distruggerla. È la scusa ideale per giustificare la destabilizzazione e lo smembramento dell’Iraq, con il petrolio di Mosul e Kirkuk messo in mano ai curdi insieme alle armi per difenderlo. E dal Kurdistan, via Turchia, portarlo ai quattro angoli del mondo, Israele in testa. E questa è solo una delle ragioni per mantenere in vita un network criminale che vende i propri servizi al miglior offerente. 

Per ora l’importante è fingere di combatterlo, agitando il pericolo delle “bandiere nere” per giustificare qualunque azione; quando non servirà più svanirà come tanti altri comodi fenomeni usa e getta. 

di Salvo Ardizzone

     

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