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Nella Repubblica Centrafricana l’ennesima missione di “pace” a difesa degli interessi di pochi Stati

di Salvo Ardizzone

Il 27 agosto s’è completato lo schieramento del contingente italiano inquadrato nella missione Ue in Centrafrica (Eufor Rca), di stanza a Banguì; si tratta d’una cinquantina di genieri della Folgore che s’aggiungono ai circa 700 soldati europei già presenti. La missione dei nostri militari, oltre a garantire la mobilità delle truppe della Ue, riguarderà la bonifica di eventuali Ied e residuati bellici, interventi a favore della popolazione e il monitoraggio della ricostruzione d’un (uno!) ponte finanziato dall’Unione. 

Ciò detto, qualche parola su quest’ennesima missione di facciata, annunciata addirittura nel gennaio scorso sotto la spinta emotiva dei massacri in atto fra le fazioni, e caldeggiata dalla Germania di concerto con la Francia, in un evidente gioco delle parti.

È lampante che 750 uomini, basati nella Capitale, possano fare assai poco in un contesto che vede nel Paese centinaia di migliaia di rifugiati e quasi un milione di sfollati. Si tratta solo di mostrare bandiera in un territorio ambito per le risorse naturali (uranio in testa), tenendo alla larga i nuovi attori che s’affacciano nell’area, Cina per prima; lo sa bene Parigi che, per tutelare i suoi interessi, il 5 dicembre del 2013, con la scusa di frenare i massacri, con l’Operazione Sangaris ha mandato paras e legionari a proteggere le miniere d’uranio di Bokouma e gli altri siti di suo interesse strategico. 

Dietro la crisi che sta insanguinando il Centrafrica e ne ha fatto uno Stato fallito, c’è l’ombra e non solo della Francia che ha silurato l’ex presidente Francois Bozize, reo di voler giocare in proprio. Bozize, voleva liberarsi dalla tutela oppressiva di Parigi avvicinandosi a cinesi e sudafricani (i due maggiori concorrenti della Francia in Africa, soprattutto per l’approvvigionamento di uranio), e, per avere alleati, aveva favorito l’ingresso di gruppi islamici dai Paesi vicini. 

Le vicende che sono venute dopo, che abbiamo analizzato in altri articoli, nella sostanza hanno determinato un vuoto di potere che ha aperto le porte al caos di una guerra di tutti contro tutti, che va assai al di là della contrapposizione fra i ribelli di Seleka musulmani contro i cristiani dei gruppi di difesa anti-balaka. Una simile semplificazione è doppiamente bugiarda, sia perché gli elementi di Seleka non sono affatto tutti musulmani, sia perché i gruppi anti-balaka non agiscono affatto per semplice autodifesa. Un simile inferno da Stato fallito fa solo gli interessi della Francia che in Centrafrica c’è e sfrutta a piacimento quelle risorse dietro la guardia di paras e legionari, mentre cinesi e sudafricani non hanno con chi trattare per entrarci. 

Ultima notazione. La missione Misca dell’Unione Africana, nata per stabilizzare quel caos, s’è rivelata per quello che è: l’ultimo patetico fallimento del politicamente corretto; nella fase iniziale le truppe ciadiane, le uniche ad avere un’effettiva valenza militare, di conserva con quelle francesi disarmavano solo gli elementi della coalizione Seleka e non quelli dei gruppi anti-balaka, in obbedienza ai propri disegni. Quando, dopo l’ennesimo incidente con svariati morti, hanno abbandonato la missione, quelle degli altri Stati partecipanti hanno dimostrato tutta la propria imbarazzante incapacità d’agire. 

Quella del Centrafrica è l’ennesima crisi che mostra il cinismo e l’ipocrisia della comunità internazionale che, dinanzi alle notizie dei massacri, ha finto d’agire al solo scopo di piantare bandierine sui propri interessi veri, guardandosi bene dal tentare di porre rimedio a un caos da cui ha tutto da guadagnare. Di più, è stata l’ipocrita occasione in cui alcuni Stati (Germania e Francia) si sono scambiati favori per conseguire i propri esclusivi interessi.   

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