Porto Rico ad un passo dal default
In questo mondo che non conosce tregua, dopo quello argentino si prepara il default di Porto Rico. L’isola caraibica, sono 9.100 chilometri quadrati con sopra 3,7 milioni di abitanti, nel 1898 fu occupata dagli Usa che la “liberarono” allora dagli spagnoli; ora, dopo oltre un secolo e l’ennesimo referendum, quello del 2012, è in attesa del via libera del Congresso per divenire il 51° membro degli Stati Uniti.
Il fatto è che l’isola è carica di debiti, circa 70 Mld di $ pari più o meno al 100% del Pil; è in preda alla recessione, con una forte disoccupazione che costringe la gran massa di giovani e di “cervelli” ad emigrare, mentre i Governi che si succedono non riescono a contenere le spese.
Ai primi di luglio Moody’s e poi Standard&Poor’s e Fitch hanno portato il rating del piccolo Paese a spazzatura, dopo l’approvazione di una legge controversa che permetteva ad alcune agenzie di servizi di sottrarsi ai pagamenti se i ¾ dei debitori si fossero accordati sulla ristrutturazione del debito (quella in questione era la Prepa, che fornisce energia elettrica, agonizzante sotto un rosso di 8 Mld).
Fin’ora s’è trattato d’un quasi default di un bond governativo, che però ha fatto precipitare le quotazioni degli altri del 50% oltre a rendere proibitive altre emissioni, ma la crisi rischia di fare male agli Usa e all’Amministrazione Obama, perché quei bond sono in gran parte nelle casse dei fondi pensione a Stelle e Strisce, e una bancarotta di quelle dimensioni potrebbe sortire un effetto domino in strutture finanziarie che stanno riprendendosi dopo il crack di Lehman Brother e ciò che è venuto dopo.
Per questo s’invoca l’intervento dello zio Sam per appianare le cose, ma Obama, nel giugno scorso, si è rifiutato di salvare la città di Detroit da una bancarotta di 18 Mld, e questo fa temere il peggio a molti; Porto Rico potrebbe innescare un contagio nel cuore finanziario dell’economia Usa (i fondi pensione) dagli effetti imprevedibili. Inoltre, costerebbe ai Democratici una barca di voti da parte dei pensionati colpiti dalla crisi.
Come finirà è ancora presto per dirlo, ma probabilmente, prima della fine dell’estate, sapremo se ci sarà un salvataggio o l’ennesimo default nel Centro e Sud America. Per la cronaca, dal 1998, ed escluso quello argentino di cui si parla in questi giorni (ancora in attesa di definizione), nel Continente ce ne sono stati già 12. Troppi, se si considera che per le colpe degli altri, a pagare son sempre state popolazioni già segnate da privazioni.