Palestina: proteste nel “Giorno della Rabbia”
E’ stato denominato “Day of Rage”, ossia “Giorno della Rabbia” sabato 30 novembre 2013. E’ il giorno in cui migliaia di persone in ogni parte del mondo e in tutta la Palestina si sono unite nella protesta contro il “Prawer Plan”, il piano approvato dal regime di Tel Aviv che prevede il trasferimento forzato di circa 90 mila beduini palestinesi che vivono nel deserto del Negev. I 40 villaggi fuori dalla mappa dei Territori Occupati, nei quali al momento i beduini vivono, saranno distrutti; questo permetterà la costruzione di insediamenti illegali nel deserto storico.
Il Prawer Plan autorizza le forze di sicurezza israeliane ad utilizzare la forza contro i beduini che si opporranno all’espulsione dalle proprie case; pena l’arresto e la detenzione fino a due anni. Ben 260 mila beduini palestinesi vivono dentro e intorno al deserto del Negev. Metà di loro vivono in villaggi non riconosciuti, senza strutture e molti di questi in condizioni estreme di indigenza; Israele nega loro l’accesso ai servizi di base e le infrastrutture, come elettricità e acqua corrente e si rifiuta di metterli sotto la giurisdizione municipale.
Inoltre, ha a lungo negato loro il diritto di voto e il possesso della terra non è mai stato riconosciuto. Con la nuova legge, essi dovranno abbandonare i villaggi e verranno trasferiti forzatamente nelle città designate. Il 25 luglio di quest’anno, l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha mosso critiche al governo di Tel Aviv per quanto concerne il Prawer Plan, ritenendo che “cerca di legittimare lo spostamento forzato e l’espropriazione delle comunità indigene beduine nel Negev”.
Pillay ha ribadito l’obbligo per Israele di riconoscere e rispettare “i diritti specifici delle comunità beduine, tra cui il riconoscimento delle rivendicazioni di proprietà della terra”. Le Nazioni Unite hanno definito “razzista” il piano di Tel Aviv di sradicare i villaggi. Il Parlamento Europeo ha inoltre esortato Israele a ritirarlo. Il centro legale Adalah, che promuove i diritti legali della minoranza araba in Israele, ha dichiarato che il vero scopo della normativa è “ la cessazione completa e definitiva dei legami storici della comunità beduina con la sua terra”.
A questo ennesimo atto di violenza nei confronti del popolo palestinese, la comunità civile internazionale ha risposto con una serie di manifestazioni di protesta contro la politica israeliana e di sostegno alla Palestina. Le manifestazioni sono state organizzate in 25 città tra cui Berlino, Istanbul, Amman, Stoccolma, Beirut, Roma, Torino e, ovviamente, Gerusalemme, Gaza e i Territori Occupati palestinesi. Una manifestazione era stata organizzata anche al Cairo, ma pochi minuti prima dell’inizio i manifestanti si sono dovuti ritirare a causa della nuova legge governativa che vieta le manifestazioni di piazza e per timore di una repressione violenta.
L’Arabia Saudita ha vietato addirittura l’organizzazione della manifestazione. Durante lo svolgimento delle manifestazioni tenute nei Territori occupati e a Gaza, le forze di sicurezza israeliane hanno mostrato un atteggiamento aggressivo e ci sono stati parecchi scontri e arresti. La manifestazione più importante è stata organizzata nel Negev, secondo quanto riporta in queste ore Press Tv. A Gaza decine di giovani palestinesi hanno manifestato contro l’attuazione del Prawer Plan, protestando anche contro le altre pratiche israeliane contro il popolo palestinese.
La manifestazione è stata organizzata da Intifada Youth Coalition della Striscia di Gaza in collaborazione con il “Day of Rage” organizzato a livello internazionale, secondo quanto riferisce Ma’an. Il portavoce della coalizione Shurouq Mahmoud ha dichiarato in un comunicato stampa: “Vogliamo inviare un messaggio alla nostra gente nel Negev: essi sono parte integrante del nostro popolo, malgrado i piani per esiliarli dalla Palestina”. Il Piano Prawer-Begin è stato approvato dalla Knesset e diverrà operativo, almeno nelle intenzioni israeliane, entro fine anno.
Ufficialmente costituisce un tentativo di affrontare il problema dei villaggi beduini non riconosciuti nel deserto del Negev a sud di Israele. Mentre, secondo l’Associazione per i Diritti Civili in Israele il vero obiettivo è deportare forzatamente migliaia di beduini, distruggere il loro tessuto comunitario e sociale, condannandoli a un futuro di disoccupazione e povertà. Cinquanta personaggi pubblici britannici hanno sottoscritto una lettera per protestare contro l’attuazione del Prawer Plan, definendolo, nei fatti, “pulizia etnica”.
David Calder, attore inglese e tra i primi firmatari della lettera, ha dichiarato: “Israele esercita l’apartheid non solo contro i Palestinesi nei territori palestinesi occupati, ma a quanto pare non ha alcuna remore a praticarla sui propri cittadini, in questo caso i beduini. Mi chiedo quando l’Occidente riterrà queste azioni intollerabili”. I firmatari hanno chiesto al governo britannico di fare pressioni su Israele affinché rispetti le leggi internazionali sui diritti umani. La lettera è stata pubblicata sul “The Guardian”. Nonostante la mobilitazione di migliaia di persone, al momento nulla è cambiato: il governo di Tel Aviv ha intenzione di proseguire con l’attuazione del Prawer Plan.